Le case discografiche sembrano vedere rosso quando si tratta di mamma Jammie Thomas, la madre di famiglia responsabile della condivisione di 24 brani protetti da copyright: non contente della decisione che abbassa la sua condanna da una compensazione pari a 1,5 milioni di dollari a un pur salato conto da 54mila dollari, RIAA ha deciso di ricorrere in appello.
La signora non è naturalmente il peggiore dei pirati, ma l’insistenza con cui le etichette la stanno attaccando non nasconde la volontà di farne un caso esemplare in grado di dissuadere ulteriori piccoli condivisori .
A novembre una corte distrettuale del Minnesota aveva confermato la multa stratosferica inflitta in primo grado a Jammie Thomas-Rasset, la madre di famiglia si vedeva così condannare a pagare per 24 brani condivisi su Kazaa 1,5 milioni di dollari.
Il giudice federale Michael Davis aveva considerato assurda, spaventosa, spropositata e quindi incostituzionale questa sanzione , abbassandola a 2.250 dollari a brano scaricato, per un totale comunque di 54mila dollari.
RIAA, dunque, vuole che venga di nuovo resa effettiva quella prima decisione “assurda e spaventosa”: da un lato afferma che il milione e mezzo chiesto a Jammie Thomas non sia affatto spropositato, dall’altro chiede che per la constatazione della violazione con distribuzione di contenuti protetti dal diritto d’autore non sia necessario che i detentori dimostrino la distribuzione attiva, ma solo la “massa a disposizione” dell’opera.
Claudio Tamburrino