Alla fine, dopo due anni, RIAA centra lo specchio della porta e segna la rete che pone fine al primo incontro con Usenet.com , valevole per il torneo “diritto d’autore contro la condivisione in rete”. A fischiare tre volte è stato Harold Baer, giudice del Distretto Sud dello Stato di New York che ha definito il fornitore di accesso ai newsgroup colpevole di “aver contribuito ad un illecito diretto e per conto di terzi”.
Finisce così la battaglia intrapresa dalle major del disco contro un provider colpevole di aver promosso e pubblicizzato apertamente lo scambio di contenuti in barba alle leggi sul copyright. Al centro della bufera, il newsgroup di Fargo, North Dakota, che aveva incoraggiato troppo apertamente i suoi utenti a pagare fino a 19 dollari al mese per la possibilità di scaricare materiale condiviso senza l’autorizzazione dei detentori dei diritti, come file musicali, film ed immagini di varia natura. Tanto che gli stessi dipendenti del servizio suggerivano privatamente che i tag principali dei propri contenuti sarebbero potuti essere “pirateria, pornografia e immagini”.
Ora, la corte statunitense ha evidenziato come il dipartimento marketing di Usenet abbia raccolto un grande bacino di amanti del P2P convincendoli che il servizio fosse una “sicura alternativa ai programmi di file sharing nel frattempo in corso di chiusura”. “Il sito ha anche delle pagine dedicate a popolari artisti del disco – osserva il giudice – promuovendo espressamente la disponibilità di musica gratuita per il download in formato MP3”.
“Siamo soddisfatti – ha dichiarato un portavoce di RIAA in un breve comunicato – del fatto che la corte abbia compreso non solo che Usenet.com ha violato direttamente il copyright delle aziende discografiche, ma che ha anche assunto un comportamento offensivo durante il dibattimento”. Usenet era inoltre stato accusato, infatti, di aver distrutto le prove delle malefatte elettroniche da alcuni hard disk, addirittura mandando in Europa i suoi dipendenti più coinvolti per evitare che parlassero troppo. E qui la storia si infittisce, tingendosi di mistero.
Nell’ottobre 2008 gli avvocati di Usenet hanno ammesso di essere “in possesso di sette drive appartenuti ai dipendenti”, ma quattro di questi sono stati svuotati completamente. Sono state date molte giustificazioni del fatto, tra cui quella riguardante un aggiornamento per Windows Vista all’inizio dello scorso anno. Il giudice di New York, tuttavia, non si è dimostrato molto convinto: i dischi sarebbero stati svuotati con l’ausilio di software dedicati alla distruzione completa dei dati.
Ciò non bastasse, Usenet ha visto allontanarsi sotto gli occhi il safe harbor previsto dal DMCA. Una protezione legale garantita fintantoché la società oggetto della causa si fosse mostrata un mero ospite di contenuti caricati dagli utenti, pronto a rimuovere il materiale incriminato. Il fornitore d’accesso ha provato a convincere la corte di non avere una responsabilità diretta sulle attività di uploading e dowloading degli utenti, pur avendo dichiarato, nel tentativo di difendersi, di aver messo in campo sistemi di filtering e controlli preventivi volti a bloccare pornografia e contenuti condivisi senza autorizzazione da parte dei detentori dei diritti. Il giudice Bear, invece, ha considerato contraddittorio questo atteggiamento: Usenet, con la selezione del materiale degli utenti, non sarebbe un semplice ospite, ma si assumerebbe la responsabilità di quanto messo a disposizione.
Non si conosce ancora bene il destino del fornitore di accesso ai newsgroup. Il giudice non si è ancora pronunciato a proposito delle sanzioni possibili, ma ci si aspettano multe milionarie. Secondi round a parte, sarà dura per Usenet rimontare una rete pesantissima.
Mauro Vecchio