Toni più che amareggiati hanno riecheggiato tra i partecipanti dell’ultimo Technology Policy Institute Forum ad Aspen, Colorado. Cary Sherman, presidente della Recording Industry Association of America (RIAA), non è parso affatto soddisfatto delle attuali leggi statunitensi a tutela del copyright.
In particolare del famigerato Digital Millennium Copyright Act (DMCA), che – nelle stesse parole di Sherman – non starebbe regalando ai detentori dei diritti i frutti da loro sperati nell’agguerrita lotta al file sharing illecito.
“Semplicemente, non è possibile monitorare tutte le violazioni che avvengono su Internet – ha spiegato il presidente di RIAA – Non abbiamo le facoltà di andare alla ricerca di tutti quei luoghi dove vengono caricati i contenuti, come ad esempio RapidShare”.
Sherman ha quindi sottolineato come i principali provider debbano iniziare a controllare le attività dei propri utenti, e questo non è certamente un obiettivo nuovo per RIAA. Ma non dovrebbero essere solo gli ISP a monitorare, almeno secondo il presidente dell’associazione.
La sorveglianza di certe attività illecite del web dovrebbe infatti essere pane quotidiano per motori di ricerca, piattaforme di pagamento online e inserzionisti . Non dello stesso avviso un product counsel di YouTube, che ha spiegato come le previsioni del DMCA siano perfettamente in linea con le originarie intenzioni del Congresso statunitense.
Mauro Vecchio