Si era proposto come un goffo tentativo di cavalcare l’onda della chiusura di Grooveshark , servizio di streaming fondato sul P2P che le etichette hanno costretto ad inabissarsi, dopo un confronto durato anni. Manifestatosi in Rete come Grooveshark.io , popolato dai contenuti di MP3Juices, aveva presto attirato l’attenzione dell’industria della musica : il caso si è concluso ora con una schiacciante vittoria a favore delle major.
La tempestività della denuncia delle etichette ha dunque pagato: dopo un breve periodo trascorso a migrare di dominio in dominio ( .pw , .vc , .li ), il clone di Grooveshark si era rassegnato alla chiusura, indipendentemente dall’ingiunzione calata non solo sull’operatore del sito, ma anche su tutti i servizi indispensabili alla gestione dell’attività, a cui in un primo momento era stato chiesto di rintracciare eventuali emuli e negare loro qualsiasi prestazione nonostante la neutralità del ruolo che ricoprono.
Il colpo fatale per la piattaforma è stato ora assestato dal giudice della corte distrettuale di New York Alison Nathan, che ha riconosciuto le violazioni intenzionali operate dal sedicente redivivo Grooveshark, ha confermato l’ingiunzione nei confronti del suo operatore, diffidandolo dal riportare online il sito, e ha fissato a favore delle etichette un risarcimento di oltre 13 milioni di dollari , 150mila dollari per ciascuno degli 89 brani oggetto della denuncia.
Ma non è tutto. A seguito della resa del Grooveshark originario, era previsto che il marchio Grooveshark e i relativi domini fossero trasferiti a RIAA, così che non si potessero più impiegare per attività illegali. Il clone della piattaforma aveva invece abusato di due marchi relativi alla storica piattaforma, e aveva registrato domini a destra e a manca abusando del suo nome: il giudice Nathan ha dunque riconosciuto a RIAA un ulteriore risarcimento da 4 milioni di dollari per la violazione dei trademark e 400mila dollari per l’indebita registrazione dei domini.
Il totale spettante a RIAA, secondo il giudice, ammonta a quasi 18 milioni di dollari. L’amministratore del sito che ha tentato di approfittare della popolarità di Grooveshark non è mai stato identificato.
Gaia Bottà