Filtri sulle connessioni? Non servono leggi a regolarne l’introduzione: sarà il mercato a mettere in atto le soluzioni necessarie. Questa l’opinione di RIAA: le strategie per difendere artisti e major dalle insidie tese dai comportamenti illegali dei netizen passeranno inevitabilmente dal mercato. Almeno negli Stati Uniti.
Ne ha parlato Cary Sherman, presidente di RIAA ospite della conferenza State Of The Net , solleticato da un partecipante. Ha chiesto a Sherman cosa pensasse delle recente esternazione del manager degli U2 Paul McGuinness, convinto che i provider debbano essere spinti per legge a tutelare gli interessi dell’industria dei contenuti, a vigilare sugli utenti e sulle loro attività: gli ISP traggono guadagno dal dispensare banda che gli utenti sfruttano con i più loschi intenti, per questo motivo, a parere di McGuinness, dovrebbero essere costretti dal quadro normativo a collaborare con l’industria dei contenuti.
La prospettiva di Sherman non si sovrappone a quella di McGuinness: nonostante condivida con il manager degli U2 intenti e obiettivi, Sherman non ritiene che debba essere la legge a imporre ai provider di interpretare il ruolo di vigilantes. “Non ci sarà bisogno di legiferare a riguardo – ha spiegato Sherman – siamo molto più interessati a trovare una soluzione al problema che passi per il mercato”.
Una soluzione che già è in fase di concretizzazione, al di fuori di qualsiasi quadro normativo. Provider come Comcast già appongono dei limitatori di banda per, dicono , garantire a tutti gli utenti la qualità del servizio. Time Warner Cable gioca con la net neutrality, proponendo soluzioni a consumo a favore di quegli utenti che non sfruttano appieno la banda dilettandosi ad attingere giga di contenuti dalla rete, e magari tentando di dirottare gli utenti verso la propria offerta legale e via cavo di contenuti multimediali.
Ma la situazione in ambito europeo è diversa , ha convenuto il presidente di RIAA: “Paul è europeo, e in Europa su questi temi c’è una maggiore inclinazione all’intervento di norme e regolamenti”.
Dove non arriva il mercato potrebbe arrivare la legge: la crescente elasticità dimostrata dagli organi comunitari e dagli stati del vecchio continente sembra fare gioco all’industria dei contenuti. IFPI da tempo preme perché si concretizzi uno scenario regolamentare che consegni oneri e responsabilità ai provider: “I governi stanno iniziando ad accettare che gli ISP debbano essere investiti del ruolo di protettori della musica in rete – si legge in un comunicato rilasciato dalla Federation insieme al report 2008 – ma bisogna urgentemente agire per tradurre questo atteggiamento in azione.”
Gaia Bottà