Mai come durante questa emergenza il Governo politico ha mostrato un approccio tecnico e “data driven” alla materia in discussione. Una scelta, questa, comunque fortemente politica: si è delegata alla scienza ed all’analisi statistica la fotografia della realtà, interpretando quindi i segnali provenienti dai dati quotidiani al fine di stabilire le migliori strategie per sfidare l’emergenza sanitaria e quella economica.
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Non si tratta di un aspetto secondario in quella che sarà l’analisi retrospettiva di quanto accaduto, perché questo approccio molto “tecnico” è stato contestato dalle opposizioni in più di una occasione, contestando una scarsa “empatia” con le classi sociali più colpite ed una eccessiva fiducia nei chiaroscuri delle analisi dei virologi. Sarà l’evoluzione del contesto a consentire un giudizio equilibrato col senno del poi, ma va riconosciuta l’impronta lineare che l’esecutivo ha tenuto nel proprio approccio: l’istituzione delle task force prima, l’individuazione di un “algoritmo” di analisi per prendere le decisioni in modo coerente poi, l’istituzione di un modello regionale coordinato ed equanime infine.
Si tratta di un modello che Giuseppe Conte ha sbandierato con un certo orgoglio nella propria ultima conferenza stampa, rivendicando per l’Italia un lavoro più raffinato e chiaro rispetto ad altri paesi. Il tutto aspettando, ovviamente, Immuni: il suo ruolo sarà postumo, quando la tensione dei trend in ascesa potrebbe rendere fondamentale un aiuto tecnologico capillare e quando un ritorno di fiamma della paura potrebbe guidare a mutui consigli gli italiani verso l’installazione dell’app.
Il modello regionale data-driven
Nella stessa conferenza stampa Giuseppe Conte lo ha ammesso: il modello di organizzazione Stato-Regioni non ha funzionato e ci sono pecche che andranno corrette nella fase post-emergenza. Tuttavia la disponibilità di tutti ha consentito di superare anche gli attriti derivanti dai difetti del sistema-Paese e di qui in avanti si apre un percorso ove le regole saranno uguali per tutte: sarà proprio la regola a guidare il percorso, le responsabilità e l’attribuzione di competenze.
Update 17.04 ore 1.30: nella notte il discorso si riapre improvvisamente poiché le regioni vorrebbero una maggior “assunzione di responsabilità e coraggio”. Se ne saprà probabilmente di più nelle prossime ore, ma la sostanza del meccanismo posto in essere non è destinata a mutare.
Siamo ancora in ufficio perché la Conferenza delle Regioni sta per riunirsi quasi all'una di notte per un confronto urgente. Il Decreto del Premier che dovrebbe aprire da lunedì la nuova fase del Paese non corrisponde all’accordo politico raggiunto ieri.
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Un report puntuale dell’andamento delle infezioni a livello locale sarà l’asticella che ogni singola regione dovrà tenere in considerazione per capire quale sia il proprio destino e quali debbano essere le proprie politiche. Le settimane di isolamento forzato hanno consentito all’Italia di frenare la curva dei contagi e oggi, benché si metta in conto che la curva medesima possa parzialmente risalire, c’è la volontà di tenerla sotto controllo con maggior fermezza. Oggi, spiega Conte, è possibile.
Una apposita tabella indica regione per regione la fotografia dell’andamento della pandemia: è curata dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità ed i dati del “punto zero” sono datati 16 maggio (pdf).
18 regioni sono in “classificazione bassa” (livello 2), tre regioni sono in “classificazione moderata” (livello 3). Per tutte sarà possibile l’apertura, ma per la Lombardia la situazione è ovviamente più critica rispetto alle altre:
la classificazione settimanale è moderata (bassa probabilità di aumento di trasmissione ed un moderato/alto impatto sui servizi assistenziali) ma si assiste ad una riduzione dei segnali di sovraccarico dei servizi sanitari. In questa Regione rimane elevato il numero di nuovi casi segnalati ogni settimana seppur in diminuzione.
Questa è la fotografia iniziale: Conte ha spiegato che ogni decisione successiva da parte delle regioni (sia in termini restrittivi che espansivi) dovrà restare all’interno di paletti dettati dall’andamento epidemiologico locale (pdf). Quando i numeri saranno buoni, le regioni potranno concedere margini più ampi di apertura; per contro, in caso di nuovi focolai dovranno dimostrare di saperli contenere. La politica sarà rigorosamente “data driven”, con monitoraggio continuo e con parametri concordati a priori. Si va verso l’apertura con margini di manovra stretti, ma chiari e concertati.
La responsabilizzazione personale e locale avrà ora la priorità: riconquistare la libertà sarà una questione “data driven”.