Ricerca, il Manifesto di Chicago

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Resoconto su una importante conferenza tenuta nei giorni scorsi all'Università dell'Illinois. Un'occasione per fare il punto sulle pubblicazioni scientifiche e sul flusso di informazioni a livello globale
Resoconto su una importante conferenza tenuta nei giorni scorsi all'Università dell'Illinois. Un'occasione per fare il punto sulle pubblicazioni scientifiche e sul flusso di informazioni a livello globale

Roma – Si è svolta presso l’UIC (University of Illinois, Chicago), dal 15 al 17 maggio, la conferenza FM10 Openness: Code, Science and Content , ideale giro di boa della rivista First Monday , il primo giornale “peer reviewed” nato su Internet.

Il tema della conferenza era il concetto di “openness”, che, pur soffrendo di una certa genericità (come hanno segnalato Joseph Reagle della NYU e Felix Stalder della University of Applied Sciences and Art in Zurich) appare come un elemento di base per sostenere e stimolare la creatività umana nei suoi diversi aspetti.

Molte presentazioni si sono concentrate sull’Open Access e sui relativi vantaggi/problemi, con particolare riferimento ai paesi in via di sviluppo.

Numerosa è stata la partecipazione di rappresentanti di paesi in via di sviluppo, grazie ai finanziamenti di OSI (Open Society Institute). Con l’eccezione di Andrew Rens (lead di Creative Commons Sud Africa ), la cui presentazione si è concentrata sull’utilizzo della filosofia e degli strumenti legali del progetto Creative Commons nell’ambito di attività di tipo imprenditoriale, la maggior parte degli interventi (e delle discussioni durante i break) da parte di tali persone si sono concentrate sul problema dell’Open Access, che apparentemente è un problema particolarmente sentito.

Interessante in questo senso l’ intervento di Eduardo Villanueva, che ha evidenziato alcuni limiti “culturali” all’adozione dell’Open Access come pratica nella ricerca accademica peruviana – in particolare, la tendenza di tale ricerca ad essere estremamente focalizzata sui problemi specifici del singolo paese, il che ha come risultato una certa emarginazione dal circuito accademico più ampio.

Due interventi si sono segnalati per il tentativo di fuoriuscire dalle oramai classiche schematizzazioni che caratterizzano il dialogo sui “sistemi aperti”: si tratta della presentazione di Sandra Braman della University of Wisconsin-Milwaukee (“Tactical Memory: The Politics of Openness in the Construction of Memory”) che ha cercato di individuare il “lato oscuro” dei sistemi aperti, e quella di Philippe Aigrain (Sopinspace – Society for Public Information Spaces) che ha proposto una prima modellizzazione delle “dinamiche dell’attenzione” nei sistemi comunicativi “many-to-may”.

Tim Hubbard (Human Genome Project, Human Genome Analysis Group) ha aperto la seconda giornata parlando di come le dinamiche di “collaborazione aperta” e i modelli di finanziamento alternativi ai diritti di proprietà intellettuale possono stimolare l’innovazione scientifica – pubblica e privata – più rapidamente di quanto avvenga oggi. In particolare, Hubbard ha parlato dei sistemi a premio e della R&D Treaty – parto concettuale di Hubbard e di Jamie Love di CPTech – che verrà sottoposta all’assemblea generale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute).

La conclusione della conferenza ha visto un brainstorming di gruppo volto alla redazione del “Manifesto di Chicago”, di cui si riporta qui la prima bozza:

“Chicago Manifesto on Openness DRAFT FOR COMMENT and DISCUSSION

Digital openness depends on cooperation among flexible and dedicated individuals and institutions in order to make new kinds of scholarship, data, software and educational curricula available on a global basis in any language.
We support the notion that openness needs to become common, not scarce. We need to find new ways to support individuals with ideas, methods and resources. To that end, we encourage organizations to give time and space to work collaboratively using computer networks. We encourage expanding the commons through dedicating stuff to the public domain and through liberal use of open access licensing such as creative commons licensing. In principle, publicly funded research should be publicly available. We endorse universal access by endorsing standards such as the W3C Web Accessibility Initiative. We will work to assure that intellectual works from all countries will be part of a commons for all and that people from all countries will be able to be active participants as well as consumers.

We ask our colleagues to contribute collectively to openness with ideas and their use of the fruits of open ventures.

17 May 2006
Chicago”

Il manifesto, nella sua versione finale, verrà pubblicato nel prossimo numero di First Monday, che uscirà il 5 giugno.
Chi avesse commenti su questo manifesto è dunque invitato a inviarli al comitato redazionale, tramite Ed Valauskas (ejv [at] uic [dot] edu) entro la fine di maggio.

Andrea Glorioso

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Pubblicato il
22 mag 2006
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