La Rete ha prodotto l’ennesima dimostrazione del fatto che l’equilibrio del copyright, che dovrebbe garantire la diffusione dei prodotti culturali di interesse pubblico, è stato letteralmente stracciato da leggi tirate come corde di violino da chi si fa scudo del diritto d’autore per ogni genere di mercimonio. Peter Murray Rust , chimico dell’Università di Cambridge, dice di aver “perso le parole” quando ha scoperto che un suo studio, distribuito sotto licenza Creative Commons , veniva riproposto da un giornale accademico al modico prezzo di 48 dollari .
L’articolo è stato pubblicato online da Oxford Journals : il professore spiega che seguendo il link dell’opzione “Request Permission”, per ottenere il beneplacito di riutilizzare lo studio in altre pubblicazioni, si è trovato davanti alla richiesta di pagamento della cifra indicata. In sostanza, riassume Rust, la pubblicazione del prestigioso ateneo vuole usare un suo articolo, su cui il professore detiene tutti i dirtti e che è stato distribuito per usi esplicitamente non commerciali, per vendere la sua stessa proprietà intellettuale senza autorizzazione o permesso , contro i termini di licenza con cui essa è apparsa in rete e per tirar su un profitto che ha ben poco di lecito.
Come nel caso del video su YouTube su cui Viacom pretende di far valere i suoi propri diritti scavalcando in toto quelli dell’autore originario, il nuovo “esproprio” di una licenza esplicita in ambito Creative Commons, che nega categoricamente l’utilizzo commerciale delle opere distribuite, getta l’ennesima ombra scura sull’attuale significato dei “diritti” in rete così come vengono interpretati da certi editori .
“Se si tratta, come io spero senza troppo convincimento, di un semplice errore allora le mie critiche possono apparire dure” scrive il professor Rust. Ma anche se si rivelasse incredibilmente come tale, la vicenda rappresenta comunque “parte di un fallimento sistemico dell’industria” nel promuovere l’ Accesso Aperto ai contenuti sul web.
La pubblicazione di Oxford è ad accesso completamente libero, con tutte le conseguenze che la licenza CC comporta, lamenta l’accademico, e pertanto non esistono giustificazioni che tengano nell’includere un link che chiede soldi in cambio di un diritto di riutilizzo già garantito di per sé alla (e dalla) fonte.
Alfonso Maruccia