Le criptovalute restano al centro degli interessi del malaffare: sono ormai parte strutturale dei nuovi metodi per il riciclaggio di denaro e la conferma viene dall’indagine delle Fiamme Gialle che in queste ore ha portato alla scoperta di una grande truffa ai danni dello Stato.
L’operazione si è svolta all’alba in tutta Italia, con il coinvolgimento di un alto numero di aziende e professionisti dediti alla creazione e commercializzazione di falsi crediti di imposta, ceduti quindi a ignari estranei e portati in compensazione. Il blitz aveva lo scopo di far emergere la rete con la quale, in particolare, si erano ottenuti importanti aiuti di Stato durante la fase emergenziale del Covid, elemento da cui è quindi venuta a galla l’intera trama dell’organizzazione:
In queste ore le Fiamme Gialle stanno eseguendo un provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Rimini con cui sono state disposte 35 misure cautelari personali di cui 8 in carcere e 4 ai domiciliari nonché 23 interdittive di cui 20 all’esercizio di impresa nei con-fronti di altrettanti imprenditori e 3 all’esercizio della professione nei confronti di altrettanti commercialisti, in quanto ritenuti componenti di un articolato sodalizio criminale con base operativa a Rimini ma ramificato in tutto il territorio nazionale, responsabile di aver creato e commercializzato per 440 milioni di euro falsi crediti di imposta, introdotti tra le misure di sostegno emanate dal Governo con il decreto rilancio, durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà. In atto 80 perquisizioni ed il sequestro dei falsi crediti, di beni e assetti societari per il reato di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato.
Criptovalute per riciclare
Interessante è notare come le indagini abbiano consentito anche di monitorare le vie d’uscita di questo denaro dalla truffa, ripulito per poter essere speso senza problemi in altri modi. I metodi indicati dagli inquirenti per il riciclaggio del denaro ricavato sono i seguenti:
- investito in attività sia commerciali che immobiliari (subentro nella gestione di ristoranti, acquisto di immobili e/o quote di partecipazioni societarie);
- veicolato, attraverso una fatturazione di comodo, verso alcune società partenopee per essere monetizzate in contanti;
- trasferito su carte di credito ricaricabili business, con plafond anche di 50.000 euro e prelevato in contanti presso vari bancomat; – impiegato per finanziarie società a Cipro, Malta, Madeira;
- convertito in criptovalute;
- investito in metalli preziosi ed in particolare nell’acquisto di lingotti d’oro.
Durante l’operazione sono stati utilizzati anche “cash dog” che avrebbero dovuto trovare botole e nascondigli di denaro “cash”, mentre ben altri strumenti sono stati evidentemente utilizzati per la ricerca dei portafogli crypto (dei quali non si conosce al momento la consistenza). La rete annoverava complessivamente 56 soggetti e 22 prestanome, in alcuni casi con precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso.