Roma – Tra tutte le eclatanti e davvero poco scontate novità della Dichiarazione adottata in questi giorni dal Consiglio dei ministri europei a sorprendere piacevolmente più di tutto è l’ultimo principio della Dichiarazione stessa: quello riferito al diritto all’anonimato.
Si afferma infatti che “al fine di assicurare la protezione contro strumenti di sorveglianza online e difendere l’espressione libera di informazioni e idee, gli stati membri si impegnano a rispettare la volontà degli utenti internet di non rivelare la propria identità”.
Questa dichiarazione naturalmente non è destinata a proteggere chi commette illeciti online ma dovrebbe rendere più facile la libera circolazione delle informazioni, uno degli elementi centrali della cosiddetta “rivoluzione digitale”. Ed uno degli elementi più frequentemente trascurati in nome della sicurezza, del copyright o di altre ragioni che si ritengono “più importanti”.
Ma la Dichiarazione, che per il momento altro non è che un’affermazione di principio, è rilevante anche per altri elementi che contiene, primo tra tutti quello sulla responsabilità dei provider per le comunicazioni elettroniche trasportate sulle proprie reti.
Uno degli aspetti più controversi dell’approccio alla legalità in rete è da sempre quello legato alla possibilità che chi fornisce le infrastrutture di rete possa essere ritenuto responsabile per i contenuti che su quelle reti circolano. Sebbene il buon senso suggerisca che questa responsabilità vada ascritta esclusivamente a chi quei contenuti produce, non sono state rare le occasioni, anche sul piano normativo, in cui la “irresponsabilità” del provider è stata messa in discussione.
La Dichiarazione ora afferma con chiarezza che gli ISP non devono essere considerati responsabili per i dati che transitano sulla loro rete e che, nel caso in cui ospitino un sito web, possano essere considerati responsabili solo qualora siano consapevoli che quel sito è illegale e non abbiano provveduto a rimuoverlo.
Anche qui, naturalmente, si parla di principi perché, come sottolineavano ieri quelli di EDRI-gram , non si sono raggiunti accordi infraeuropei per gestire i casi di violazioni in un modo coerente di nei diversi paesi. E in loro assenza c’è sempre il rischio che un provider si senta Sceriffo o agisca come tale solo per paura di mettersi nei guai. A scapito, evidentemente, della libertà di espressione su web.
La “Dichiarazione sulla libertà di informazione su internet” è disponibile qui . È breve e vale la pena leggerla.