Mentre state andando al lavoro, in tram oppure in metropolitana, suscitate l’attenzione di qualcuno che clandestinamente vi scatta una foto. Apparentemente niente di offensivo. Ma con quella fotografia e una particolare applicazione software chiunque può risalire con facilità a tutta un serie di dati che vi riguardano, tracciandovi, per esempio, tramite i social network , e sapere dove abitate, se siete o meno sposati, se avete figli, qual è nome del vostro cane e così via.
È il prezzo della modernitá, della globalizzazione delle informazioni che corrono veloci da una parte all’altra altra globo percorrendo le autostrade digitali della Grande Rete. É il prezzo dell’interazione sociale di nuova generazione, che passa attraverso le chat, le applicazioni di messaggistica istantanea e le reti sociali. Fantascienza? No, affatto. L’applicazione capace di riconoscere le persone esiste e si chiama FindFace . E non è l’unica.
La problematica, tutt’altro che nuova, in tempi recenti ha suscitato non pochi dibattiti sull’opportunità di implementare o meno sistemi di tale natura per gli scopi più disparati, ad esempio per migliorare la reperibilità delle persone nei social, ma anche per monitorare in modo più efficace il flussi migratori in entrata e in uscita da un paese. E qui la questione di complica. Perché se da un lato i sostenitori del riconoscimento facciale, e delle tecnologie biometriche in generale, accampano motivi legati ad una maggiore presunta sicurezza intesa in senso lato, dall’altro ci sono quelli che ritengono di saper leggere al di là delle apparenti giustificazioni: su di loro incombe minacciosa la paura del controllo globale delle masse.
In altre parole: se ci fan credere che la nostra sicurezza è in pericolo, saremo più accondiscendenti nell’accettare modalità di controllo anche se lesive della privacy. In questa situazione si innesta il terzo incomodo, che come accennato sopra è rappresentato dallo spauracchio che simili tecniche, in mano a malintenzionati, assumono un potenziale offensivo decisamente pericoloso.
Ma torniamo a FindFace . Come dicevamo non è l’unica applicazione capace di riconoscere il volto di una persona. Basti pensare, ad esempio, ad app ludiche come Facebook Moments o alla più sofisticata Deep Face . In Russia, FindFace lavora con profili Vkontakte , un social network largamente diffuso lì, che vanta un numero di iscritti notevole: circa 210 milioni. Ebbene, all’atto pratico i riscontri sono più che dignitosi: il software permette di identificare un individuo ritratto in una foto con una percentuale di buon esito del 70 per cento. Numeri interessanti, ma per qualcuno decisamente inquietanti.
Ma chi c’è dietro FindFace? Due giovani russi: Artem Kukharenko, ventiseienne, e Alexander Kabarov, 29 anni. Dal suo esordio avvenuto circa due mesi fa, hanno dichiarato ad un giornalista del Guardian , FindFace è stata utilizzata da circa 500.000 utenti per più di 3 milioni di ricerche .
I due programmatori hanno dichiarato altresì che il loro algoritmo è in grado di analizzare miliardi di fotografie in pochissimo tempo, meno di un secondo. Al momento l’applicazione funziona con Vkontakte ma non con altri archivi fotografici, come ad esempio quelli di Facebook. Pare che Artem e Alexander siano anche stati contattati dalle autorità moscovite per contrattualizzare l’utilizzo della loro applicazione nell’analisi dei filmati ripresi dalle oltre 150.000 videocamere di sicurezza installate in ogni angolo della città .
Luca Barbieri