Con la discussione sulla riforma del copyright che giunge al suo capitolo finale e proprio nei giorni in cui i negoziati sulla direttiva stanno per concludersi, Google entra a gamba tesa sul tema. L’intervento del gruppo di Mountain View non interessa però l’articolo 13 già finito più volte sotto i riflettori, bensì l’articolo 11. Da bigG un allarme sulle possibili conseguenze della sua introduzione e applicazione.
Riforma copyright: Google e l’articolo 11
L’immagine allegata di seguito, condivisa originariamente con la redazione del sito Search Engine Land, mostra come apparirebbe la SERP mostrata in seguito alla ricerca delle notizie più recenti (“latest news”): completamente bianca. Assenza totale di immagini, nessun titolo degli articoli, niente snippet a offrire un’anteprima di ogni pezzo. Solo il nome delle testate, un’indicazione temporale sull’orario di pubblicazione e i link verso i siti indicizzati. Un allarme eccessivo? Non per Google, che con il suo screenshot traccia i contorni minacciosi di un horror vacui dell’informazione.
Il dito è puntato nei confronti di quel passaggio dell’articolo 11 che vuol imporre a realtà come il motore di ricerca (o gli aggregatori) di mettere mano al portafogli e far fronte al pagamento di una licenza per mostrare sulle proprie pagine contenuti (in questo caso immagini e testo) pubblicati dagli editori. Un’ipotesi non sostenibile dal punto di vista economico per Google, che afferma di indicizzare gli articoli provenienti da oltre 80.000 siti d’informazione di tutto il mondo attraverso il servizio News, offrendo loro una possibilità di incrementare il numero di visitatori senza chiedere in cambio alcun tipo di contributo.
Find out how the EU Copyright Directive may affect how you find news online. https://t.co/6i6oCZGSs3 pic.twitter.com/i9QqnIAQCI
— Google Europe (@googleeurope) January 15, 2019
Non è la prima volta che il gruppo californiano si scaglia contro la riforma del copyright. Lo ha fatto nei mesi scorsi anche attraverso l’intervento di Susan Wojcicki, numero uno di YouTube, concentrandosi in quell’occasione sulle ripercussioni negative di un’attribuzione della responsabilità sui contenuti caricati dagli utenti che pende in toto verso le piattaforme, come previsto dall’articolo 13 nella sua forma attuale.
Il tema è più che mai caldo e in molti invocano un rinvio delle votazioni al momento fissate per il mese di marzo, anche in considerazione del periodo che attende le istituzioni del vecchio continente in vista delle elezioni che a fine maggio andranno a rinnovare la composizione del Parlamento Europeo. Vi si aggiungano le numerose campagne di sensibilizzazione (#saveyourinternet, #DeleteArt13) e le raccolte firme per capire quanto il grido d’allarme di Google sia destinato a trovare terreno fertile.