Google si fa capofila della battaglia contro la riforma del copyright. Mero interesse aziendale? Sicuramente la componente della partecipazione di Google in questa battaglia è fondamentale, ma al tempo stesso la forza di questa azione di lobby è nella comunanza di interessi che la battaglia sta raccogliendo attorno a sé. Google, insomma, non è sola nel lottare contro il testo che sta per scaturire dai negoziati per la definizione della Direttiva Copyright e, a seguito della promulgazione dell’ultima proposta franco-tedesca, i toni dello scontro son tornati a farsi estremamente accesi.
Il polo contrario, quello del #saveyourinternet, si fa sempre più popolato e tira in ballo nomi probabilmente inattesi. Google ne è capofila per definizione, poiché difende un proprio stesso interesse: gli articoli 11 e 13 mettono infatti in capo al gruppo pesanti responsabilità e ne vincolano pesantemente i margini di azione (tanto nell’uso degli snippet sul motore, quanto in termini di upload filter su YouTube).
Il polo del SI
Dalla parte dei favorevoli alla riforma c’è il Parlamento Europeo, puntellato politicamente dalle pressioni del PPE ed appoggiato dall’industria del copyright: il fattore comune che coalizza tali componenti è il tentativo di arginare la tendenza predatoria di gruppi (come quello di Mountain View) che sfruttano i contenuti prodotti in Europa per le proprie attività. In questo bilancio non viene considerato sufficientemente “pesante” quanto Google restituisce agli autori, poiché il traffico messo sulla bilancia – nonché il servizio reso agli utenti – non viene ritenuto sufficiente a compensare il danno comminato in termini di mancati introiti o di mancati controlli.
Dalla parte del SI, soprattutto, Francia e Germania: la bozza congiunta ha avviato il braccio di ferro che si svilupperò nei negoziati delle prossime ore, stringendo la presidenza rumena in una morsa che vede l’Europa fortemente polarizzata su questo tema. L’Italia, da parte sua, ha aperto al dialogo, purché su basi differenti da quelle proposte dall’alleanza franco-tedesca.
Il polo del NO
Contro la riforma già si era coalizzata una serie di entità nazionali, aziendali e associazionistiche (nonché una raccolta firme che ha messo assieme decine di figure di grande spessore nella tutela dei diritti sul Web) in occasione della prima battaglia antecedente l’approvazione della riforma. Ora che i negoziati vanno a terminare, però, le pressioni aumentano con l’ingresso nel “partito del no” di ulteriori entità la cui presenza in molti casi non era certo scontata. Questi alcuni nomi nuovi da posizionare al fianco di Google, Wikipedia, EFF e Partito Pirata:
- European Innovative Media Publishers, coalizione di piccoli editori che con apposita lettera (pdf) ha dettagliato alla presidenza rumena le proprie contestazioni relative ai famigerati articoli 11 e 13;
- Allied for Startup, gruppo di interesse in difesa delle startup, che vede in questa formulazione della direttiva una minaccia (pdf) per quelle piccole idee che nascono sottoposte alla Spada di Damocle di regole scritte e pensate per i grandi gruppi: “Questo non aiuterà gli europei a generare nuovi unicorni“;
- International and European Federations of Journalists (IFJ/EFJ): la direttiva andrebbe a creare un trattamento non equilibrato tra differenti figure professionali e finirebbe per non garantire una adeguata remunerazione a chi opera nel già fragile mondo del giornalismo.
Nelle prossime ore il negoziato avrà un nuovo round ed il passaggio si fa a questo punto tanto teso quanto fondamentale per il futuro del copyright in Europa.
Parliament secretariat has sent us calendar invitations for a final trilogue next Wednesday, possibly with a first round of trilogue negotiations on Tuesday, to be confirmed. #SaveYourInternet #Article13 #Article11
— Felix Reda (@Senficon) February 8, 2019