“Simpatiche spacconate, che fanno girare gli algoritmi a Google e a RIM”. C’è chi ha usato eloquenti espressioni per descrivere alcune dichiarazioni del CEO di Apple Steve Jobs, intervenuto a sorpresa durante la presentazione dei risultati della trimestrale più redditizia di sempre per l’azienda di Cupertino. Un’occasione forse troppo succulenta – tagliato il traguardo dei 20 miliardi di fatturato – per non gongolare in pubblico, sparando a zero sui principali competitor della Mela.
Dichiarazioni frutto di una sorta di campo di distorsione, almeno secondo il co-CEO di Research In Motion (RIM) Jim Balsillie. Che ha così risposto per le rime a Steve Jobs, ormai sicuro che l’azienda canadese non possa più raggiungere Apple nell’immediato futuro. RIM avrebbe davanti la più classica delle sfide impossibili: sviluppare una piattaforma che possa davvero competere con le 300mila app di iPhone .
Parole di fiele per i possibili avversari del tablet iPad, in particolare per chi continua a parlare di schermi a 7 pollici, una scelta che renderebbe oltremodo scomodo il touchscreen. Una convinzione che – almeno secondo Balsillie – rimarrebbe in piedi soltanto all’interno della distorta visione di mercato di Apple . “Sappiamo che i tablet a 7 pollici rappresenteranno invece una grossa fetta del mercato – ha spiegato il co-CEO di RIM – e sappiamo che il supporto di Adobe Flash importa a tutti quei consumatori che vogliono una vera esperienza web”.
Quello della Mela sarebbe dunque un ecosistema controllato e chiuso, non certamente ideale per tutti quegli sviluppatori alla ricerca di sempre maggiori opzioni di scelta. Per non parlare degli utenti desiderosi di accedere alla maggioranza dei siti web che sfruttano Flash . Questa la visione di Balsillie , che ha quindi aggiunto: “Crediamo che molti utenti siano stufi di sentirsi dire da Apple quello che debbono pensare”.
Steve Jobs avrebbe inoltre scelto non a caso di paragonare i risultati – in specie quelli relativi alle vendite globali di smartphone – dell’ultima trimestrale di Apple con quelli degli ultimi tre mesi di bilancio di RIM. Ma Balsillie ha sottolineato come la chisura dell’ultima trimestrale di RIM sia avvenuta ad agosto, contrariamente a quella della Mela chiusasi a settembre. Un mese notoriamente più proficuo da un punto di vista commerciale .
Al CEO della Mela non ha risposto soltanto l’azienda canadese, ma anche il founder del client TweetDeck Iain Dodsworth. In un micropost apparso su Twitter si può infatti leggere: “Abbiamo forse mai detto che sviluppare su Android sia stato un incubo? No, non l’abbiamo fatto. Non lo è stato”. La risposta cinguettante di Dodsworth è giunta dopo altre “simpatiche spacconate” di Jobs, che aveva illustrato presunti disagi da parte di developer alle prese con più di 100 versioni differenti del software Android su 244 differenti dispositivi .
“Pensiamo sia veramente frammentato e che lo diventi ogni giorni di più”. Così aveva sentenziato Jobs, sempre nel corso del suo intervento a sorpresa. Andy Rubin – considerato uno dei padri del sistema operativo made in Google – ha subito risposto, con un altro cinguettio su Twitter. Ricordando – pur in modo curioso – a Jobs cosa significhi il termine open . Una definizione contestata da uno degli sviluppatori più noti, quel Joe Hewitt che ha contribuito in maniera fondamentale alla realizzazione di Firefox, FireBug e la versione touch mobile di Facebook.
“Come fa Android ad uscirsene con questa pretesa dell’open quando il suo codice sorgente non risulta pubblico fino alle major release – ha spiegato Hewitt – quando nessuno a parte Google riesce ad accedervi?”. Steve Jobs risponderebbe che non si tratta tanto di apertura contro chisura, ma di integrazione contro frammentazione .
Mauro Vecchio