Molte organizzazioni sindacali hanno chiesto il ritorno allo smart working nella Pubblica Amministrazione, considerato l’aumento dei contagi dovuti alla diffusione della variante Omicron del COVID-19. Anche alcuni politici appoggiano l’idea, ma il Ministero sottolinea che il lavoro agile non è necessario, visto anche il numero ridotto di dipendenti che potrebbe lavorare da casa.
Non si torna allo smart working
Il lavoro in presenza è ridiventato quello ordinario da metà ottobre. Circa un mese prima, il Ministro Renato Brunetta aveva criticato il “lavoro a domicilio all’italiana“, in quanto non esisteva una regolamentazione che stabilisse in modo chiaro gli obiettivi, le modalità e i termini di esecuzione. A fine novembre sono state introdotte le linee guida per lo smart working (volontario) nella Pubblica Amministrazione, in attesa dell’aggiornamento dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL).
Diverse sigle sindacali, tra cui Cgil, Confintesa, Confsal, Codirp e Flp, hanno chiesto il ritorno al lavoro agile, come misura di prevenzione del contagio. Anche alcuni politici, tra cui Francesco Boccia, Enrico Letta e Giuseppe Conte ritengono che lo smart working nella Pubblica Amministrazione sia necessario per garantire le condizioni di sicurezza ai dipendenti.
Il comunicato stampa pubblicato sul sito del Ministero allontana questa ipotesi, in quanto le linee guida approvate a fine novembre consentono la rotazione del personale fino al 49% sulla base di una programmazione mensile o più lunga. Il Ministero specifica inoltre che la maggior parte dei dipendenti pubblici, tra cui i lavoratori della scuola, gli operatori sanitari e le forze dell’ordine (pari a circa i due terzi dei 3,2 milioni totali) sono soggetti all’obbligo di vaccino e alla presenza.
Alla luce della grande flessibilità riconosciuta alle singole amministrazioni e dell’esigua minoranza di dipendenti pubblici che potrebbe realmente lavorare da casa, risulta, dunque, incomprensibile l’invocazione dello smart working per tutto il pubblico impiego. Un “tutti a casa” come sperimentato, in assenza dei vaccini, durante la prima fase della pandemia nel 2020, legato al lockdown generalizzato e alla chiusura di tutte le attività economiche e di tutti i servizi, tranne quelli essenziali. Non è questa la situazione attuale.
Nel Consiglio dei Ministri del 5 gennaio potrebbe essere emanato un nuovo decreto che imporrà l’obbligo del Green Pass rafforzato a tutti i lavoratori dal mese di febbraio.