Rilanciare i propri prodotti per una nuova categoria di dispositivi digitali, per permettere ai propri lettori di sfogliarsi una rivista passando il dito sulle pagine di uno schermo a colori. Un gruppo di grandi editori – tra cui Condé Nast, Time, News Corp e Hearst – ha recentemente annunciato una joint venture in vista dell’apertura di quella che potrebbe essere definita un’edicola digitale, uno store di applicazioni software che permetteranno la fruizione di vari contenuti editoriali in formato elettronico .
Più mani dunque sono state strette, in vista di un progetto condiviso per la creazione di nuovi standard tecnologici per la lettura di riviste digitali su tablet, ereader e apparecchi mobile . Una vetrina elettronica che non soltanto metterà in mostra riviste e quotidiani, ma anche libri, fumetti e blog, tutti relativi ai gruppi editoriali che hanno finora raggiunto l’accordo, in attesa di aprirlo anche ad altri.
Il primo passo da compiere in questa direzione è infatti lo sviluppo di standard aperti per i prodotti editoriali coinvolti nella joint venture , ovviamente per risolvere anzitempo problemi di formato, ma anche per rendere più semplici i meccanismi di vendita degli spazi pubblicitari. L’obiettivo dell’iniziativa – come spiegato in un comunicato stampa diramato dagli editori – è di sviluppare una piattaforma solida e ottimizzata per più dispositivi, sistemi operativi e schermi. Inoltre, gli editori mirano ad offrire all’utente un numero più variegato di opzioni di lettura, attraverso uno store digitale in stile Apple.
“Questa iniziativa permetterà al consumatore di avere accesso ad una straordinaria selezione di prodotti editoriali, da scaricare in maniera semplice sul proprio dispositivo preferito, che sia un laptop, un ereader o uno smartphone”, come ha spiegato John Squires, nominato CEO del consorzio ancora anonimo. Perché un accordo del genere? Per alcuni , i grandi gruppi editoriali vogliono essere sicuri di poter dettare le proprie leggi di mercato, compresi prezzi di rivendita e percentuali da trattenere sui vari prodotti.
Gli editori non sarebbero stati particolarmente entusiasti all’idea di trattenere solo il 30 per cento dalla vendita dei propri contenuti su Amazon Kindle. E non avrebbero nemmeno gradito il prezzo di circa 10 dollari scelto da Amazon per i nuovi bestseller, potenzialmente vendibili sul mercato a cifre quantomeno doppie. Per altri si tratta di un accordo per ottenere il controllo sulla distribuzione e sulla vendita di prodotti, in modo tale da non dover capitolare davanti agli scaffali digitali di Apple. Non a caso, si è parlato di un Hulu di quotidiani e riviste .
C’è, tuttavia, qualcuno che ha ribaltato completamente il punto di vista, focalizzandosi non tanto sulle dinamiche di vendita online, bensì sul mercato parallelo dei dati degli utenti. Il vero motivo di questa joint venture risiederebbe nel controllo dei dati, fondamentali affinché gli editori conoscano le abitudini dei propri lettori. Anche qui, si tratterebbe di un gioco strategico per evitare che Apple si prenda dati come quelli relativi a carte di credito e indirizzi di posta elettronica. Che dovrebbero invece essere forniti ai nuovi edicolanti dell’era digitale.
Mauro Vecchio