Sviluppare un maestro dei robot che possa fungere da sorgente per i suoi simili, nella quale apprendere milioni di informazioni determinanti per affinare la conoscenza del mondo umano di ogni singola macchina. Un progetto a dir poco ambizioso quello di Robo Brain , già battezzato come il Google dei bot per la capacità di apprendere concetti direttamente dal Web, oltre a immagazzinare e interpretare video, testi e immagini.
Con l’obiettivo ultimo di realizzare macchine in grado di vedere, sentire e comprendere il linguaggio naturale, sia scritto che parlato, insieme al contesto che li circonda, il progetto mira a creare una piattaforma cloud dove ogni altro robot possa attingere per ampliare compiti e capacità, ma anche contribuire mettendo nuove mansioni a disposizione degli altri.
Attivato lo scorso mese dal team guidato dal professor Ashutosh Saxena, Robo Brain è coordinato dalla Cornell University con la collaborazione delle università di Berkeley e Stanford oltre alla Brown University, e conta sul supporto finanziario di varie aziende come Google, Microsoft e Qualcomm. Il cervellone ha già scaricato dal Web valanghe di informazioni e il primo bilancio parla di circa 120mila video da YouTube, 100 milioni di manuali e oltre un miliardo di immagini, analizzate e tradotte per esser a disposizione degli altri robot. Quelli che tra qualche anno diventeranno protagonisti in case, fabbriche e uffici per aiutarci a sbrigare tante pratiche quotidiane, prospettiva ben gradita laddove i robot riducano il tempo speso per i lavori domestici.
Certo al momento lo stato dell’arte è fermo ai compiti più semplici come versare un liquido in una tazza, portare buste in una stanza e individuare un mazzo di chiavi, informazioni base che andranno a comporre una rete logica che si snoderà su una struttura a grappoli formata da livelli diversi, che partendo dall’ambito generale scaveranno sempre più nel particolare.
Alessio Caprodossi