Roma – Stefano Rodotà annuncia la revolution della privacy online. Il Garante italiano, in una lunga intervista a Business 2.0 spiega che Europa e Italia stanno per compiere uno “scatto in avanti” per la tutela della riservatezza sulla Rete.
Il primo passo è la certificazione da parte delle Autorità dei siti che rispettano le leggi europee, secondo un progetto che i Garanti europei, di cui Rodotà è presidente, stanno portando avanti insieme. Una certificazione i cui “standard dovranno non solo rispondere a quelli previsti dalla direttiva 95/46, che pone le basi della protezione dei dati, ma anche disporre di una affidabilità maggiore, dal momento che le Autorità, per il ruolo che devono svolgere, hanno la possibilità di entrare più in profondità di quanto possa fare un certificatore privato”.
Una delle questioni chiave per l’Italia è quella del decreto delegato sulla diffusione dell’informazione, un decreto per il quale Rodotà si augura una veloce approvazione, perché la delega “consentirebbe di far partire il processo di completamento della disciplina per il quale noi abbiamo già predisposto un materiale molto ricco”. Il “cuore” del decreto ruota attorno “all’equilibrio” tra necessità di tutela e rispetto della persona.
“La tutela della riservatezza – ha detto Rodotà – è importante perché le persone si esprimano liberamente”. “Bisogna – ha continuato – evitare, per esempio, che dietro l’anonimato si possano diffamare delle persone o commettere altri reati. Naturalmente tutto comporta una disciplina dell’anonimato, una disciplina delle finalità per le quali i dati sono conservati, una definizione dei tempi di conservazione, un’indicazione puntuale sull’accesso ai dati”.
Altro “nodo” è il rapporto dei provider con i propri utenti e delle responsabilità dei provider rispetto alle attività online svolte da questi. “Riteniamo – ha affermato il Garante – che non si debba gravare sui provider con norme che sarebbero poi pericolose, ma consideriamo altresì necessaria una disciplina. L’anonimato totale, l’impossibilità di risalire agli autori, per esempio, di comportamenti che costituiscono veri e propri reati, rischia di coinvolgere il provider stravolgendo lo stesso sistema”. Secondo il Garante c’è dunque bisogno di “poche sobrie regole per i casi a rischio” ed è necessario che il provider non si senta “circondato”, perché altrimenti si potrebbe arrivare ad “una sorta di censura o di autocensura che finirebbe per snaturare la Rete e limitare la libertà d’espressione”.