L’industria musicale ne aveva applaudito l’introduzione lo scorso settembre e nei giorni prima di Natale il Senato lo ha approvato in via definitiva: è quel dispositivo di legge che ribadisce e modifica il divieto di libera pubblicazione di opere su Internet . Una estensione che diverrà effettiva con l’ormai imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Questo il testo:
1-bis. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma
Un dispositivo che secondo FIMI costituisce una “buona mediazione tra le necessità di accedere ai contenuti culturali e le necessità di tutelare il copyright come un buon compromesso che soddisfa gli interessi di tutti”. “Con questa limitazione – aveva specificato FIMI a settembre – si chiarisce e rafforza peraltro il messaggio che altri usi che esulano da quanto stabilito dall’articolo votato sono invece illegali e sanzionabili ai sensi della normativa italiana”.
Senatori e deputati che hanno approvato la modifica sembrano d’accordo con l’industria musicale. Non altrettanto gli esperti: ieri in un editoriale denso di perplessità Manlio Cammarata di InterLex spiega come la norma, a prima vista capace di dare la stura alla pubblicazione web di opere protette, crea in realtà una nuova serie di divieti .
“Ora c’è da chiedersi – scrive Cammarata – che significa bassa risoluzione . Nella pubblicazione di un’immagine sul web la risoluzione determina le dimensioni dell’immagine stessa in relazione alla risoluzione dello schermo, quindi l’espressione potrebbe significare si possono pubblicare solo immagini piccole . Per quanto riguarda i suoni, bassa risoluzione può significare una minore frequenza di campionamento. Che senso ha? Ancora: che vuol dire l’aggettivo degradate ? Immagini sfocate? Suoni distorti o con un forte rumore di fondo?”
Il problema di fondo, però, non sarebbe la degradazione quanto invece il fatto che questi utilizzi siano consentiti per le sole finalità scientifiche e didattiche “e non – sottolinea Cammarata -, come sarebbe logico, per qualsiasi scopo divulgativo non a fini di lucro, come per le enciclopedie on line”. “Il principio, di buon senso – continua – dovrebbe essere che tutto ciò che è disponibile gratis al pubblico dovrebbe poter essere riprodotto gratis, alla sola condizione che la riproduzione non abbia fini di lucro. Invece oggi la tendenza è a vietare tutto e ad assoggettare a balzelli qualsiasi uso di testi, immagini o suoni. Tendenza che contraddice la filosofia del web e le ragioni stesse della sua crescita. Insomma, se in tutto questo c’è qualcosa di degradato è proprio la norma in questione, che riflette l’ormai insostenibile degrado della nostra produzione legislativa”.
La questione l’aveva segnalata nei giorni scorsi anche il noto giurista informatico Guido Scorza che sul suo blog denuncia l’approvazione dell’ennesimo regalo natalizio. Il disegno di legge S1861 varato dal Senato non riguarda infatti soltanto i limiti alla pubblicazione delle opere ma anche riforma la SIAE , e non nel senso sperato da tanti in questi anni.
La SIAE viene infatti trasformata da ente di diritto pubblico ad ente di diritto privato, il che significa che la SIAE viene sottratta alla magistratura amministrativa e sottoposta invece a quella ordinaria. A detta di Giorgio Assumma , presidente SIAE, la legge consentirà alla Società “di operare in tutto il mondo con la libertà tipica delle imprese commerciali private e quindi la porrà nella condizione di fronteggiare adeguatamente la concorrenza delle analoghe società straniere di collecting, alle quali l’Unione Europea ha aperto le porte del mercato italiano”.
Al di là dei tecnicismi, la sostanza della riforma SIAE è chiarissima nelle parole dello stesso Assumma: “Avere ottenuto la conferma di essere un Ente pubblico, significa aver posto un muro invalicabile contro i tentativi, maldestri ma pericolosi, di chi da tempo lotta affinché la SIAE venga privatizzata. Cioè di chi, assecondando vili aspirazioni pecuniarie, vorrebbe trasformare il nostro Ente in una merce commerciale, da offrire all’acquisto di gruppi industriali e finanziari, magari stranieri”. I toni di Assumma all’indomani dell’approvazione della norma sono epici: “Mentre vi scrivo è ancora profondo il buio di questa notte per noi storica. Tra non molto spunterà la prima luce dell’alba di un nuovo giorno. La luce che accompagnerà, lo spero, il cammino di vittoria e di serenità che ora si apre di fronte a noi.
Un “evviva”, dunque, per la SIAE!
Un “evviva” per quanti hanno lavorato e lavorano con dedizione e passione, per la sua rinascita”.
Di interesse segnalare, come fa proprio Interlex , il fatto che al Senato siano depositate proposte che vanno in tutt’altra direzione, come quella del senatore Asciutti che propone la smobilitazione del monopolio SIAE . Secondo Asciutti “..l’attribuzione di un vero e proprio monopolio legale (in alcuni casi anche nei confronti di soggetti non associati) viola la libertà (anche costituzionalmente garantita) dei singoli autori ed editori di associarsi; restringe ingiustificatamente l’iniziativa economica di terzi soggetti che potrebbero entrare sul mercato; impedisce l’accesso di soggetti operanti su mercati internazionali (ad esempio, le aziende con sedi in più Stati) di accedere a contratti estesi a territori più ampi di quelli strettamente nazionali; falsa la concorrenza per quanto concerne l’attività di intermediazione né la situazione di monopolio legale appare necessaria ai fini dello svolgimento delle attività di intermediazione, che anzi, proprio per la peculiare natura economica del settore dovrebbe essere soggetta a tutti quei criteri di efficienza ed economicità che soltanto un sistema di concorrenza e libero mercato può garantire”.
In attesa del decreto ministeriale che dovrà dare un senso alla questione della degradazione delle opere pubblicate online – e tappare i buchi che tipicamente ormai gli esperti denunciano all’indomani dell’approvazione delle normative internettiane italiane – qualcuno in SIAE può approfittarne per rallegrarsi dell’avvenuta riforma. Di seguito il commento alla riforma dell’avv. Valentina Frediani per Punto Informatico . Roma – “1-bis. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma.”
Avete letto bene: non è una bufala, ma quanto inserito dopo il comma 1 dell’articolo 70 della legge 22 aprile 1941, n. 633.
Siamo “in territorio di diritto d’autore” e chi l’ha scritto è il legislatore!
Il 21 dicembre 2007, tra le 20 e le 21, mentre molti stavano per addentare una buona fetta di panettone, la VII Commissione del Senato della Repubblica, approvava il Disegno di legge S1861, recante le Disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori. Un vero e proprio colpo di scena passato in sordina!
Ad una prima lettura, in molti esulteranno pensando ad una vera e propria rivoluzione per il diritto d’autore, considerando l’incredibile abbattimento di barriere normative sino ad ieri presenti in rete. In realtà questa disposizione confonde, a parere di chi legge, ancor maggiormente la situazione.
Anzittutto, il concetto di “immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate” è sorprendente: la rete serve per far evolvere, non per reprimere le opere e tradurle in musiche o immagini incomprensibili e “rovinate” pur di farle rientrare in un dettato normativo… Secondariamente i concetti di uso didattico o scientifico lasciano il tempo che trovano: sono ampi, molto discrezionali, insomma: non certi.
In terzo luogo, torna trionfante lo scopo di lucro : ovvero il riconoscimento della possibilità di pubblicare opere in internet solo se lo sfruttamento non si traduce in “moneta sonante (o frusciante)”.
Quindi, ricapitolando: opere protette dal diritto d’autore in condizioni ordinarie, se io le devasto totalmente, snaturandole, posso diffonderle in rete, magari scrivendo una dizione specifica di richiamo nella pagina web indicando “OPERA DEGRADATA- NESSUN DIRITTO!”.
La cosa mi dà la vaga sensazione di non corrispondere alla riforma che da sempre attendono gli autori ed i produttori, da una parte, gli utenti della rete dall’altra.
Quando si cercherà di portare le proposte, e poi le leggi, nella direzione dell’incremento della distribuzione via web? Quando sarà tolto l’ equo compenso per agevolare il mercato della musica ordinaria?
Permettetemi infine un’ultima osservazione: nella norma come al solito si riporta tutto a meri interessi economici, ovvero la libertà di pubblicazione è in funzione della insussistenza di motivi di lucro. Quindi, per fare un esempio: Valentina Frediani compone un brano, lo diffonde tramite il proprio sito; Tizio lo ascolta, gli piace, se lo copia sul suo sito per fini didattici e senza scopo di lucro…. Valentina Frediani non può far valere alcun diritto perché per la normativa sopra descritta non sussiste alcun lesione del diritto d’autore. Un concetto interessante, che snatura la normativa a tutela delle opere dell’ingegno. Evidentemente non si possono accontentare tutti, anzi a volte si accontentano solo alcuni… ma proprio pochi…
Avv. Valentina Frediani
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