Ieri il viceministro per lo Svilupppo Economico, Paolo Romani, aveva dato appuntamento ai maggiori provider italiani alla settimana prossima per sedersi intorno a un tavolo, per discutere dell’annosa questione del digital divide italiano. Per la cui risoluzione almeno parziale servirebbero i famosi 800 milioni di euro congelati a novembre e per i quali il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ha confermato oggi la situazione di stand-by: rimarranno in cassaforte fino a quando non verrà deciso altrimenti.
Intanto la Rete italiana continua a navigare senza timone incrociando aree del Nord ipe-connesse da piccoli ISP privati per poi scendere lungo l’appennino avvolto da vecchi doppini di rame: senza l’intervento diretto dello Stato che disponga delle linee guida per lo sviluppo il divario tra aree connesse e non sarà sempre più evidente. Lo avevano ribadito in coro i provider nel corso del Broadband Summit 2010 tenutosi un mese e mezzo fa: nessuno si sognerebbe di investire in zone che non garantiscono un ritorno economico elevato. E, ha ribadito oggi l’amministratore delegato Telecom, Franco Bernabè, l’incumbent italiano per il momento non è intenzionato a fare squadra con i suoi concorrenti.
La convocazione di Romani potrebbe però costituire un primo step nel lungo processo di abbattimento del divario digitale: un tavolo per le reti NGN (Next Generation Network) in fibra ottica cui, oltre a Romani, siederanno i rappresentanti di Fastweb, Vodafone, Wind, Telecom e 3. L’idea sembrerebbe essere quella di una infrastruttura realizzata e gestita in condominio : un’opzione che sembra non piacere a Telecom Italia, i cui responsabili hanno ricordato come “non esistano all’estero situazioni come quella prospettata”.
D’altronde erano state Fastweb, Vodafone e Wind a lanciare la settimana scorsa il progetto 2010: Fibra per l’Italia , lasciando la porta aperta anche agli altri operatori e soprattutto al governo, il cui contributo è essenziale per distendere le migliaia di chilometri di fibra ottica necessaria per adeguarsi al resto d’Europa e non solo .
La chiamata di Romani è tutto quanto ottenuto finora, ma se Telecom Italia, che di recente ha raggiunto un accordo per la realizzazione della nuova rete in fibra ottica dello Stato Pontificio, non dovesse essere della partita e se il CIPE non si deciderà a liberare al più presto i fondi, non è improbabile che questo appello si risolva in un nuovo nulla di fatto. Una bozza di progetto già esiste ed è il rapporto Caio presentato quasi un anno fa, in cui si stimava che per “cancellare il digital divide” servissero 1.471 milioni di euro, 800 dei quali virtualmente forniti dal governo. L’Italia è ancora ferma a quelle, ormai si può dirlo, visionarie dichiarazioni.
Giorgio Pontico