12 marzo. Ovvero il giorno in cui il mondo dovrebbe raccogliersi nella fondamentale lotta alla censura a mezzo web. A diffondere l’appello , Reporters sans Frontières (RSF), organizzazione internazionale a difesa della libertà di stampa. Un’intera giornata a favore di una Rete libera e accessibile a tutti i suoi netizen , un cyberluogo di scambio aperto di idee e informazione.
Contro una serie di paesi definiti nemici di Internet , come ad esempio l’Iran, la Cina e l’Arabia Saudita . Governi che hanno cercato a più riprese di controllare dall’alto il flusso delle informazioni online. Dai blog ai video, passando per i sonori cinguettii su Twitter, come nel caso delle proteste post-elettorali nell’ex-territorio della Persia.
RSF ha così creato un eloquente logo, un mouse in una forma di diversi colori, libero dalle catene che vorrebbero metterlo a tacere. Basta infatti un click per pubblicare un post di protesta su un blog o un aggiornamento poco gradito al potere centrale sulla bacheca di Facebook. Un logo da scaricare gratuitamente dal sito di RSF, per poi diffonderlo sul web, in segno di attivo sostegno a quella che è stata chiamata Journée mondiale contre la cyber-censure .
“Nel corso del 2009 – ha spiegato un articolo scritto dal segretario generale di RSF Jean-François Julliard – circa sessanta paesi hanno sperimentato varie forme di censura a mezzo web. Si tratta di una cifra doppia rispetto all’anno precedente”. Come sottolineato da Julliard, certi contenuti della Rete sono stati messi sotto scacco grazie all’implementazione di Intranet nazionali tenute sotto controllo dai governi. Come UzNet, Chinternet e TurkmenNet .
E questo andrebbe certamente a discapito della libertà d’espressione dei netizen. “Per la prima volta dalla nascita di Internet – ha continuato Julliard – c’è stata una massiccia chiusura di spazi online, tra blogger e cyberdissidenti”. E la più grande prigione per netizen si troverebbe in Cina, seguita dal Vietnam e dall’Iran, tra i paesi inclusi nella nuova lista del 2010 dei nemici di Internet .
Myanmar, Corea del Nord, Cuba . Paesi che devono già affrontare ostacoli di natura economica e tecnologica, a cui si aggiungono infrastrutture di Rete molto limitate. In Arabia Saudita , i meccanismi di filtraggio sono risultati così invasivi da trasformare gli stessi utenti in censori di se stessi. E in più, nella lista aggiornata di RSF, ci sono quei paesi definiti sotto sorveglianza.
E si tratta di vere e proprie democrazie come quella d’Australia. Che sta pensando – come noto – ad un generale piano di filtraggio dei contenuti inadatti della Rete. Alla lista degli under surveillance è stata aggiunta anche la Russia , già poco incline a tollerare spazi online legati a presunti estremismi politici.
Ad appoggiare strenuamente l’appello di RSF, Google, che ha messo a disposizione della giornata mondiale contro la cybercensura i canali della sua piattaforma di video sharing YouTube. In un post sul blog ufficiale di BigG, è stato inoltre annunciato il primo Netizen Price : andrà ai responsabili iraniani del sito Change for Equality . Nato nel 2006, il sito era stato sviluppato per dare alle donne dell’ex-Persia la possibilità di lottare per abolire leggi fortemente discriminatorie nei loro confronti.
A fare da eco alla lista di RSF, un report stilato dalle autorità statunitensi, che ha puntato il dito verso gli stessi paesi indicati dall’organizzazione europea. Gli Stati Uniti hanno parlato di un fenomeno in crescita: che passa per il controllo dei contenuti, il blocco di siti interni e stranieri, un meccanismo di monitoraggio generale della Rete oltre che di punizione severa di chi viola le regole.
Mauro Vecchio