Telegram è al centro del mirino delle autorità russe , ora più che mai intenzionate a forzare la mano all’azienda per concedere agli “spioni” di stato l’accesso alle chiavi crittografiche necessarie a sbloccare la chat sicure degli utenti. Una richiesta che la corporation definisce irricevibile, oltre che tecnicamente inattuabile.
L’ultima iniziativa censoria nei confronti di Telegram arriva per mano di Roskomnadzor , autorità di regolamentazione dei media che si è rivolta a una corte di Mosca per imporre la “restrizione all’accesso” alla piattaforma di messaggistica istantanea su tutto il territorio russo.
La richiesta di Roskomnadzor si rifà a una causa già in atto contro Telegram e avviata dal Servizio di Sicurezza Federale (FSB) e da altre agenzie di sicurezza, tutte interessate a guadagnare l’accesso alle chiavi crittografiche per la decodifica delle chat degli utenti nel rispetto delle nuove norme sul tecno controllo varate da Mosca – e vidimate da Putin – nel 2016.
Alle richieste di FSB Telegram ha risposto negativamente, subendo in conseguenza la condanna al pagamento di una multa di $14.000; in seguito l’appello della corporation era stato bocciato dalla Corte Suprema, e nei 15 giorni di ultimatum concessi a Telegram delle chiavi crittografiche richieste le autorità non hanno visto ombra.
Il blocco del servizio in Russia rappresenta quindi l’ultima mossa censoria in mano a Roskomnadzor dopo aver appurato la scarsa volontà di collaborazione da parte dei creatori (russi) di Telegram, una richiesta che il legale dell’azienda ha definito “incostituzionale” e inattuabile sia dal punto di vista tecnico che da quello legale.
Telegram è un servizio di IM cifrato particolarmente popolare nel Medio Oriente e in Russia, paese in cui gli utenti potrebbero in ogni caso continuare a usarlo grazie al sistema di proxy integrato anche in caso di blocco.
Alfonso Maruccia