Le autorità russe starebbero utilizzando una nuova tecnica per fare irruzione nelle sedi di giornali o dei gruppo di interesse dell’opposizione: consiste nel ricevere una soffiata sul presunto utilizzo di software privata e quindi di dar luogo al sequestro di computer e apparecchi per questo specifico controllo.
L’ultimo dei numerosi casi coinvolge la sede del gruppo ambientalista Baikal Environmental Wave : le autorità hanno perquisito gli uffici e confiscato i computer per verificare l’eventuale utilizzo di software Microsoft non originale .
Ad assistere Mosca in questa controversa pratica, infatti, ci sarebbe proprio Redmond, i cui avvocati avrebbero spalleggiato le azioni della polizia: nei comunicati ufficiali si tratteggia Microsoft come vittima, si sottolinea la necessità di azioni legali concrete contro i contraffattori e si accusano giornalisti e gruppi di interesse di non collaborare con le autorità. Anche nel caso in cui questi dichiarino, come nel caso di Baikal Environmental Wave , di utilizzare software originali proprio per non prestare il fianco alle autorità, l’atteggiamento dei legali non sarebbe accondiscendente: “È una questione che deve essere giudicata dalle forze dell’ordine”, si sarebbe limitata a dire Microsoft ai gruppi che le chiedevano di schierarsi contro le irruzioni considerate prepotenze politiche.
La autorità, da parte loro, riferiscono che si tratta semplicemente di azioni che rispondono alla preoccupazione relativa all’ alta diffusione di software pirata nel paese. La Russia, peraltro, si trova ancora sotto osservazione della comunità internazionale per quanto riguarda la normativa e il rispetto della proprietà intellettuale: lunghi i negoziati che l’hanno portata ad aderire all’ accordo relativo alla sua tutela in ambito Organizzazione Mondiale del Commercio ( OMC ), la loro applicazione e il loro rispetto sono temi ancora caldi.
Il fatto che spesso le soffiate che conducono alle retate si dimostrino pretestuose, o che le autorità dichiarino di aver individuato software contraffatto ancor prima di ispezionare le macchine, oppure che raramente i casi si concludano con una condanna non contribuiscono certo ad avvalorare la tesi di Mosca. Pure se è rarissimo che qualcuno finisca poi in galera, d’altronde, ciò non significa che un danno per gli attivisti non ci sia stato: i processi costano caro, così come le informazioni che con le perquisizioni sono ottenute dalle forze dell’ordine.
Alle accuse di collaborazionismo, per la verità, Redmond risponde ufficialmente che l’operato dei suoi legali locali è attentamente valutato e i controlli diverranno ancora più stretti . “Prendiamo con molta serietà le preoccupazioni espresse e ci assicureremo che i nostri legali facciano chiarezza nello stabilire le responsabilità”, si legge in un comunicato di Kevin Kuts, direttore affari pubblici. “Sono mesi che le organizzazioni umanitarie in Russia ci fanno pressioni”, confessa peraltro Redmond circa le tempistiche dei casi.
D’altronde, continua Redmond, “dobbiamo proteggere i nostri prodotti ma ci impegniamo anche a rispettare i diritti umani fondamentali”: per perseguire entrambi gli interessi, in Russia Redmond ha peraltro un programma per concedere a costi privilegiati o gratuiti software originali a giornali e alle associazioni per far sì che possano rispettare la legge.
Microsoft, peraltro, non ha un’immagine priva di ombre, come altre aziende , neanche in Cina, dove non ha aderito all’appello anticensura di Google ed è stata chiamata in causa per le condizioni di lavoro cui sono sottoposti i dipendenti delle sue aziende partner.
Claudio Tamburrino