Alla fine il presidente russo Vladimir Putin ha ratificato in via definitiva la cosiddetta legge Yarovaya, iniziativa parlamentare che prende di mira il terrorismo a mezzo telematico inasprendo in maniera draconiana le pene, il tecnocontrollo e gli obblighi di collaborazione dei provider con le autorità. Il futuro della Internet russa è a dir poco incerto, e molto, molto costoso denunciano gli ISP.
Con la firma di Putin le nuove norme sono diventate legge , e ora i provider saranno costretti ad archiviare le chiamate, i messaggi, le fotografie e i video scambiati dai loro utenti negli ultimi sei mesi; i metadati dovranno essere invece disponibili per almeno tre anni.
Gli ISP avranno l’obbligo di collaborare con le autorità e i servizi segreti nell’ accesso ai dati , così come dovranno fornire tutto il necessario a superare le misure crittografiche eventualmente presenti a protezione delle comunicazioni; l’età minima per la responsabilità penale è stata abbassata a 14 anni per alcuni reati, mentre i termini di detenzione per alcuni reati online (come il favoreggiamento al terrorismo) sono stati estesi.
I provider avevano già lanciato l’allarme sugli effetti della nuova legge, e ora cominciano a fare i calcoli sui costi: Sergei Soldatenkov, CEO del provider di connettività cellulare Megafon, calcola in 200 miliardi di rubli (2,8 miliardi di euro) le risorse necessarie ad adattare l’infrastruttura , una cifra superiore di quattro volte ai profitti annuali dell’azienda.
L’industria delle telecomunicazioni in Russia è stata effettivamente “uccisa” da Putin e dalla legge Yarovaya, ha dichiarato Soldatenkov, anche se a onor di cronaca Putin ha incaricato il governo di tenere sotto controllo la messa in atto della legge per agire in caso di conseguenze “indesiderabili.”
Una reazione qualificata è infine arrivata anche da Edward Snowden , la talpa del Datagate che in Russia ha per ora trovato un temporaneo riparo dalla persecuzione dei federali statunitensi: si tratta di “giorno oscuro” per la Russia, ha dichiarato Snowden, un’iniziativa da condannare pure se lui rischia probabilmente più di chiunque altro l’ira del Cremlino.
Alfonso Maruccia