Dall’inizio della guerra in Ucraina, risalente a ormai più di tre mesi fa, sono centinaia i contratti siglati in Russia da autorità ed enti governativi con i fornitori dei servizi VPN. L’ammontare di quelli confermati e resi di dominio pubblico si attesta a 188, ma non è escluso ce ne siano altri rimasti nascosti. A svelarlo è un archivio contenente 236 documenti ufficiali, appena condiviso dal Federal Treasury. La spesa complessiva affrontata da Mosca è di circa 9,8 milioni di dollari.
Un’ennesima conferma dell’efficacia di questa tecnologia, impiegata anche nel contesto bellico per proteggere comunicazioni e dati trasmessi o ricevuti. Possono beneficiarne tutti, con un impegno economico davvero contenuto: nel caso di ExpressVPN bastano pochi euro al mese per l’accesso a tutte le funzionalità offerte, a partire dai server distribuiti in 94 paesi del mondo.
Russia: sì alle VPN, ma solo per Mosca
Gran parte della somma stanziata dal Cremlino è stata impiegata per mettere gli strumenti delle Virtual Private Network al servizio delle agenzie legislative (2,3 milioni). Seguono le realtà operanti nell’ambito ITC (1,9 milioni) e in quello della sanità (1,5 milioni).
La corsa alle VPN in Russia non ha però riguardato solo le istituzioni vicine alla Piazza Rossa. Anche i cittadini hanno scelto di adottare questa tecnologia. I motivi? Anzitutto per aggirare censure e blocchi imposti dal governo centrale. Poi, per interagire liberamente e senza correre il rischio di essere spiati. Infine, per accedere alle fonti di informazione estere, considerando l’impossibilità di raggiungere in altro modo social network, piattaforme e siti ritenuti ostili nei confronti della causa nazionale. L’incremento registrato si attesta a +2.692% rispetto a prima dell’esplosione del conflitto.
Nel mese di marzo, il Cremlino ha confermato che il Roskomnadzor, l’ente federale che supervisiona le comunicazioni, sta facendo di tutto per impedirne l’utilizzo. Al momento, gli sforzi sembrano però essere vani.
Veicolare il traffico dati attraverso server localizzati in ogni parte del mondo non è solo un metodo che consente di tutelare la privacy di chi naviga o esegue una qualsiasi attività sul Web. In contesti come quello russo, dove la popolazione si trova schiacciata nella morsa di un conflitto che non si combatte solo sul campo, ma anche sulla grande Rete (la cosiddetta cyberwar), può garantire la libertà di informazione e di espressione.