Robert S. Mueller III, il consigliere speciale incaricato di investigare sul cosiddetto Russiagate, ovvero sulle possibili influenze di hacker russi nelle elezioni statunitensi, indagherà anche sul presidente degli Stati Uniti Donald Trump per ostruzione e oltraggio alla giustizia .
I rapporti particolari tra la Russia e quello che sarebbe diventato il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America risalgono alle elezioni , quando si è iniziato a parlare dell’appoggio di hacker russi alla candidatura del tycoon, concretizzatasi con la diffusione sui social network di false notizie contro Hillary Clinton e con la diffusione di documenti e comunicazioni riservate legate alla stessa candidata democratica. In quelle che restano indiscrezioni si è iniziato a parlare di possibili materiali con cui Putin poteva ricattare Trump.
In quei giorni è come se il mondo si fosse svegliato con la paura che i social e le relative derive potessero avere effetti devastanti sulla vita reale e che tramite di essi hacker eterodiretti da Paesi stranieri fossero in grado di influenzare le votazioni democratiche di Paesi rivali: Facebook è così finito al centro della bufera mediatica, trovandosi costretta a promettere in Germania e poi in altre nazioni una stretta sul controllo della circolazione delle fake news in modo da impedire possibili future influenze malevoli negli eventi democratici degli Stati.
Mentre sull’origine delle fake new non ci sono stati praticamente mai dubbi, gli attacchi informatici di hacker stranieri che erano inizialmente solo paure e indiscrezioni, hanno poi trovato progressive conferme culminate nel leak di un documento segreto dell’NSA nel quale i suoi analisti chiamato direttamente in causa gli hacker di un gruppo noto come Russian General Main Staff Intelligence Directorate o “GRU” per alcuni attacchi portati nei confronti di aziende a stelle e strisce.
Da allora le cose si sono fatte serie per The Donald , con l’avvio dell’indagine sulla questione da parte del consigliere speciale Robert Mueller e la deposizione dell’ex capo dell’FBI James Comey, licenziato in tronco da Trump e che ha riferito in audizione al Senato degli Stati Uniti che il Presidente ha fatto su di lui pressioni affinché chiudesse la questione delle indagini sugli hacker russi e i loro tentativi di interferire con le elezioni presidenziali USA, arrivando addirittura a chiedergli se volesse continuare ad essere il direttore del bureau (e conseguentemente a licenziarlo).
Proprio per questo, dunque, Donald Trump è finito sotto indagine: ostruzione alla giustizia, la stessa accusa che portò Nixon all’impeachment e alle dimissioni. Oltre all’indagine, in ogni caso, starà al Congresso (a netta maggioranza Repubblicana) eventualmente accusare formalmente il Presidente degli Stati Uniti di un crimine.
Intanto, ai fini della sua indagine l’ufficio di Mueller ha chiesto all’NSA qualsiasi documento documento relativo al Russiagate o alla relativa discussione con la Casa Bianca. L’Agenzia, da parte sua, ha dato piena disponibilità di collaborazione.
Claudio Tamburrino