“Il gestore di una rete sociale in linea non può essere costretto a predisporre un sistema di filtraggio generale, riguardante tutti i suoi utenti, per prevenire l’utilizzo illecito di opere musicali e audiovisive”. È quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa che vedeva opposta la collecting society belga SABAM al popolare social network Netlog.
Era la fine del giugno 2009 quando i vertici di SABAM trascinavano la belga Netlog NV davanti al Tribunale di primo grado di Bruxelles. La collecting society chiedeva in particolare un’ingiunzione per costringere il social network ad interrompere immediatamente le attività di condivisione delle opere musicali o audiovisive sui vari profili social degli utenti iscritti.
Vibranti proteste da parte dell’azienda belga: le richieste di SABAM andrebbero ad imporre ad un intermediario l’obbligo generale di sorveglianza e monitoraggio delle attività degli utenti. Una misura che sarebbe vietata dalla Direttiva europea sul Commercio Elettronico (2000/31/CE). Lo stesso Tribunale di Bruxelles aveva passato la patata bollente alla Corte di Giustizia del Vecchio Continente.
“Un simile obbligo non rispetterebbe il divieto di imporre a detto gestore un obbligo generale di sorveglianza, né l’esigenza di garantire il giusto equilibrio tra la tutela del diritto d’autore, da un lato, e la libertà d’impresa, il diritto alla protezione dei dati personali e la libertà di ricevere o comunicare informazioni, dall’altro”, si legge nel testo della recente sentenza della Corte.
In sostanza, una decisione del tutto simile a quella presa nel caso SABAM vs. Scarlet Extended (ex-Tiscali). Come affermato ancora: “l’ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito ed un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito”.
Secondo la Corte, Netlog NV può essere pacificamente inserito nella categoria dei prestatori di servizi di hosting , dunque tutelato dalla Direttiva europea sul Commercio Elettronico. “Un’ingiunzione di questo genere causerebbe, quindi, una grave violazione della libertà di impresa della Netlog, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a sue spese”.
“La Corte di Giustizia ricorda ancora una volta, e più che mai in questa fase così delicata in ragione della firma da parte dell’Unione Europea del trattato ACTA, che la libertà di informazione, il diritto alla riservatezza, la libertà d’impresa non possono essere sacrificati sull’altare di uno scriteriato enforcement dei diritti di proprietà intellettuale”, ha commentato l’avvocato Marco Scialdone, responsabile del team legale di Agorà Digitale.
“La sentenza è di importanza fondamentale per lo sviluppo del Mercato Digitale Europeo – ha sottolineato Innocenzo Genna, director Euroispa e rappresentante di AIIP a Bruxelles – perché fornisce ora agli operatori Internet un quadro giuridico certo ogniqualvolta il loro business può interferire con i diritti di proprietà intellettuale. È fondamentale anche per gli utenti, perché riconosce il loro diritto di scambiare informazioni senza alcun controllo preventivo e nel rispetto della privacy”.
Mauro Vecchio