Dopo aver sottratto illecitamente più di 45 milioni di account e aver messo a rischio il business internazionale della catena di hard discount operata da TJX Companies , per Damon Patrick Toey e i suoi 10 complici è venuto il tempo di rendere conto alla giustizia statunitense dei propri cyber-misfatti .
L’uomo, responsabile assieme al suo gruppo della più grande breccia alla sicurezza di organizzazioni commerciali finora registrata, ha confessato il suo coinvolgimento nella faccenda e ha cominciato a collaborare con i pubblici ministeri interessati al caso.
In attesa della sentenza, che non dovrebbe tardare molto, Toey, accusato e reo confesso di frode informatica, frode finanziaria e furto aggravato di identità, starebbe fornendo agli ufficiali tutti gli elementi utili a individuare e acciuffare il resto della banda sparsa in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Estonia, Ucraina, Bielorussia e Cina.
“Siamo soddisfatti per le imputazioni che sono state mosse nei confronti degli individui presunti responsabili delle intrusioni nei computer di TJX, così come quelle in molti altri grandi rivenditori” ha commentato il retailer apprendendo della confessione di Toey, ribadendo la fattiva collaborazione intercorsa tra TJX e le autorità, necessaria per il buon esito delle investigazioni “su questo crimine così complesso”.
L’approccio dei servizi segreti e del Dipartimento di Giustizia statunitensi, quello di considerare le indagini e il contrasto al cyber-crimine una delle priorità principali, continua TJX, è la giusta risposta a un fenomeno sempre più sentito come il rischio principale per ogni azienda che dipenda pesantemente dalle infrastrutture IT.
Tornando al caso TJX, se Toey ha gettato la spugna, non mostra di voler fare altrettanto Albert Gonzalez, presunto leader della squadra di cracker responsabili della breccia ed ex-informatore dei servizi segreti che ha respinto le accuse (simili a quelle rivolte nei confronti di Toey) durante la prima apparizione davanti al giudice, avvenuta giovedì scorso nella città di Boston.
Alfonso Maruccia