L’Arma dei Carabinieri ha arruolato una nuova unità cinofila. Il suo nome è Saetta, ma svolgerà compiti più pericolosi di quelli assegnati agli altri colleghi a quattro zampe. Si tratta infatti di un cane robot che può essere controllato da una distanza fino a 150 metri. È una versione personalizzata di Spot, il “mobile robot” sviluppato da Boston Dynamics.
Saetta, cane robot dei Carabinieri
Il primo cane robot dell’Arma dei Carabinieri è una novità assoluta per l’Italia e le sue forze di polizia. L’obiettivo è garantire gli standard di sicurezza del personale operante migliorandone l’efficacia operativa. È stato chiamato Saetta per rievocare il simbolo presente sulle fiancate delle autovetture di pronto intervento. Ha quindi la tradizionale livrea blu e rossa dell’Arma. Verrà inizialmente utilizzato dal Nucleo Artificieri di Roma.
Il cane robot può essere controllato con un tablet da una distanza massima di 150 metri. Può muoversi su terreni impervi e non percorribili dai normali veicoli ruotati o cingolati, salire e scendere le scale, aprire autonomamente porte e rimuovere ostacoli, utilizzando il suo braccio robotico.
Sfruttando i sofisticati sistemi di rilevazione laser e termici, Saetta può mappare i luoghi evidenziando la presenza di minacce e può individuare le tracce (anche deboli) di esplosivo e agenti chimici e radiologici con l’ausilio di strumentazione dedicata. Il braccio robotico consentirà di asportare ordigni (compresi i grossi petardi inesplosi di Capodanno) e fornirà equipaggiamenti ai militari impossibilitati a muoversi.
L’Arma dei Carabinieri non userà Saetta per sostituire le proprie risorse umane o le unità cinofile, ma per ridurre il pericolo e facilitare la gestione delle situazioni operative più ostili.