Dopo aver conseguito il successo presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha dichiarato non valido il controverso accordo Safe Harbor, incapace di garantire che i dati dei cittadini europei sui server Oltreoceano siano immuni alla sorveglianza delle agenzie di intelligence, l’attivista austriaco Max Schrems è tornato alla carica: i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che i garanti della privacy europei sono tenuti a giudicare i comportamenti delle multinazionali, e Schrems ha cominciato a disseminare segnalazioni per innescare le indagini.
Il caso sollevato nei confronti di Facebook presso l’authority irladese procederà su ordine della Corte di Giustizia dell’Unione europea: il garante del paese in cui Facebook ha sede dovrà stabilire se e in che modalità il social network abbia garantito all’intelligence statunitense il permesso di accedere ai dati dei cittadini europei, a dispetto delle garanzie che l’accordo Safe Harbor avrebbe dovuto tutelare. Schrems ha inviato un nuovo documento al garante locale, per riepilogare l’iter del caso e per chiedere che venga disposta la sospensione di ogni flusso di dati che transiti dai server europei ai server statunitensi del social network, che transiti da Facebook Ireland Ltd e Facebook Inc., soggetta alle leggi statunitensi che non offrono agli utenti tutele pari a quelle del quadro normativo europeo.
Allo stesso modo, Schrems ha scelto di esporre le proprie rimostranze anche presso le autorità di Belgio e Germania : “la mia personale esperienza con la Data Protection Authority irlandese – spiega l’attivista – è stata abbastanza contrastante, motivo per cui ho ritenuto opportuno coinvolgere autorità più attive per aumentare la possibilità di ottenere appropriate azioni di enforcement”. Le autorità di Belgio e Germania , peraltro, oltre ad aver sostenuto di avere giurisdizione nei confronti del social network con sede in Irlanda, nel recente passato non si sono dimostrate disposte a transigere rispetto alle violazioni della privacy perpetrate dal social network. La Germania, inoltre, è stata colpita al cuore dalla sorveglianza della NSA, elemento che potrebbe agevolare Schrems nel far valere le proprie istanze. La prospettiva, avverte l’attivista, è quella di estendere le denunce ad altre aziende coinvolte dal programma PRISM, fra cui Apple, Google, Microsoft e Yahoo.
Le autorità europee, in ogni caso, si sono già mosse autonomamente all’indomani della decisione della Corte di Giustizia UE: insieme all’Europa hanno di recente ricordato alle aziende gli strumenti da adottare in luogo delle autocertificazioni Safe Harbor, e hanno ribadito che entro la fine di gennaio 2016 è necessario che Europa e USA portino a termine le negoziazioni per riorganizzare un quadro di riferimento capace di offrire tutela ai dati dei cittadini europei.
Gaia Bottà