Nuove rivelazioni al centro delle indagini avviate dal Dipartimento di Giustizia statunitense sul presunto cartello dei salari nel mercato IT. Sul banco degli imputati erano finiti grandi colossi del calibro di Apple, Google, Adobe Systems e Intel , tutti accusati di aver tessuto una rete di accordi per “eliminare la competizione reciproca per i lavoratori qualificati”.
In altre parole, i giganti dell’IT erano stati denunciati per aver disinnescato il meccanismo della concorrenza, non assumendo ciascuno gli impiegati degli altri . Una spinta verso il basso per i salari del settore o – di fatto – una violazione della normativa antitrust al pari di qualsiasi altro accordo per fissare un prezzo. Praticamente un cartello.
Vibranti proteste da parte di Google, Pixar e Lucasfilm. I grandi protagonisti della Silicon Valley non avrebbero mai trovato accordi per eliminare la competizione nel reclutamento dei talenti. Un documento di quasi 30 pagine è ora apparso in aula, a testimonianza dei colloqui avuti – via email o telefono – tra i vertici di alcune aziende chiamate in causa alla metà del 2010.
Come ad esempio il carteggio elettronico tra il CEO di Adobe Systems Bruce Chizen e quello di Apple Steve Jobs: un accordo reciproco per non reclutare alcun dipendente delle due società . Stesso discorso fatto tra la Mela e Pixar, alla luce di un gentleman’s agreement già stipulato tra la casa di produzione cinematografica e Lucasfilm.
Stando al documento pubblicato dal Dipartimento di Giustizia statunitense, i vertici di Palm si sarebbero opposti alla proposta di Apple, sottolineando come le strategie adottate fossero non solo sbagliate ma anche illegali. Le autorità a stelle e strisce hanno dunque rimpolpato le accuse.
Mauro Vecchio