Roma – Sta riprendendo il volo la singolare proposta di legge dell’on. Andrea Colasio , responsabile cultura della Margherita, pensata per trovare nuovi fondi per lo spettacolo, dimezzati dall’ultima finanziaria. Fondi che secondo la proposta verrebbero reperiti anche attraverso una “tassazione di Internet”.
All’art. 32 della proposta sono elencate, infatti, le fonti di finanziamento di una nuova Agenzia che avrebbe il compito di “distribuire” le risorse a produttori, registi e altri soggetti, con l’idea di far pagare tutti i soggetti della “filiera” impegnati nella distribuzione dei contenuti. Tra questi vengono inseriti anche i provider. In particolare, verrebbe imposto di versare “una quota pari al 3,5 per cento del fatturato annuo lordo degli operatori INTERNET derivante da traffico IPTV, streaming TV e, in genere, da traffico contenuti di immagini in movimento”.
Se dovesse passare una misura di questo tipo, dunque, agli ISP verrebbe fatto carico di verificare la quantità di traffico che i propri utenti genererebbero non solo nel visionare, ad esempio, lo streaming di film ma anche di qualsiasi altro materiale video online. Ammesso che ciò sia possibile, ed è un obiettivo ancora più complesso se si pensa alle tipologie di abbonamento “flat” che costituiscono buona parte delle connessioni a banda larga oggi attive in Italia, la ricaduta sui costi di internet per l’utenza sarebbe immediata.
A non venire risparmiati sarebbero in questo quadro anche i gestori di telefonia mobile , che dovrebbero versare un’analoga quota di fatturato “derivante da traffico UMTS, MMS, WAP, Dvb-H, GPRS e futuri analoghi protocolli di trasmissione dati”.
Della cosa si è parlato di recente ed è noto che il Governo sta sondando tutti i soggetti coinvolti, dalle emittenti televisive agli operatori mobili fino ai noleggiatori e venditori di home video. Le reazioni, a sentire le imprese contattate da Punto Informatico fino a questo momento, non sembrano positive: il timore è che una imposizione di questo tipo potrebbe impattare negativamente su fatturati e capacità di vendita di operatori che, come nel caso dei provider, già si trovano ad operare in un mercato estremamente difficile e sotto l’ombrello di un operatore dominante.
Il momento della verità si avrà il mese prossimo, quando convergeranno le discussioni sul finanziamento allo spettacolo, in cui sono naturalmente imponenti gli interessi dell’industria televisiva e cinematografica italiana. Quel che appare certo, suggerisce qualcuno, è che il Governo voglia andare oltre l’ultima finanziaria, che ha drasticamente ridotto i fondi per il FUS, il fondo dello spettacolo. Una nuova Agenzia, corroborata da una imposizione orizzontale sull’intera filiera delle “immagini in movimento”, pare essere un’ipotesi che guadagna considerazione negli ambienti governativi. Si vedrà.