Una class action contro il gigante coreano Samsung, accusato di aver sfruttato senza permesso l’identità di 18 atleti ai prossimi giochi olimpici di Londra . Dal nuotatore Mark Spitz al tuffatore acrobatico Greg Louganis, gli attesi protagonisti sportivi hanno rinunciato all’agonismo per scagliarsi in blocco contro un’app di Facebook.
Nel mirino è così finito Olympic Genome Project , ovvero la teoria dei sei gradi di separazione applicata alle infinite capacità social del sito in blu. Un gigantesco database raccolto da Samsung con oltre 10mila atleti del presente e del passato, inserito nell’app per uno sgradito albero di famiglia .
Gli utenti di Facebook possono dunque connettersi con i vari sportivi in gara, le cui identità – nomi e fotografie – sarebbero state sfruttate senza autorizzazione alcuna da parte del colosso coreano. Samsung starebbe lucrando sugli atleti dando la netta sensazione che quest’ultimi siano legati a prodotti come il Galaxy Tab .
“Le leggi della California stabiliscono che non si può utilizzare il nome e l’immagine di qualcuno per questioni di marketing, a meno che non si ottenga il consenso”, ha spiegato l’avvocato del gruppo di atleti. I legali di Samsung hanno respinto le accuse, sottolineando come l’azienda continuerà a supportare la squadra statunitense e “lo spirito delle Olimpiadi”.
Mauro Vecchio