Dopo aver risposto alle accuse di impiegare manodopera minorile all’interno delle fabbriche cinesi, ora Samsung si trova a fare i conti con una questione altrettanto grave: la Corea del Sud ritiene che i chip prodotti dall’azienda siano causa di tumori maligni.
A sostenerlo è l’organizzazione governativa che si occupa della tutela e del miglioramento delle condizioni di lavoro Korea Workers’ Compensation and Welfare Service , secondo cui i prodotti elettronici assemblati nelle fabbriche coreane di Samsung avrebbero causato il tumore al seno a una donna morta all’inizio del 2012 . La lavoratrice era stata impiegata per cinque anni presso l’impianto, motivo per il quale, secondo l’agenzia governativa, esisterebbe un “considerevole rapporto causale” tra il lavoro svolto e l’insorgenza della malattia.
La notizia è stata resa pubblica solo qualche giorno fa, con il raggiungimento di un accordo che prevede un risarcimento per la famiglia della presunta vittima. Il portavoce di Samsung, James Chung, ha infatti spiegato che la multinazionale non si appellerà alla decisione dell’agenzia governativa, secondo cui, a causare il tumore, sarebbe stata l’esposizione a solventi organici e radiazioni.
Sul fronte dell’impiego, non si placano le accuse circa la presenza di lavoratori minorenni all’interno delle fabbriche cinesi. Secondo l’organizzazione China Labor Watch , sarebbe accertato l’impiego di tre giovani donne presso le catene di montaggio del fornitore di Samsung, HTNS Shenzhen Co. Le tre minorenni presenterebbero un’età inferiore di uno o due anni rispetto al minimo legale di 16 anni previsto dalla legislazione cinese: un limite che, secondo l’organizzazione a tutela del lavoro, sarebbe aggirato da diverse aziende attraverso documenti di identità falsi. Un’accusa che, tuttavia, il colosso coreano respinge con decisione.
Nel frattempo, i giudici del lavoro cinesi hanno emesso una sentenza di condanna nei confronti del padre di un ingegnere infortunatosi gravemente presso gli stabilimenti di Foxconn . Zhang Guangde, padre di Zhang Tingzhen, si era rivolto alla giustizia dopo che i vertici dell’azienda avevano deciso di trasferire il lavoratore dalla fabbrica di Shenzhen all’area di Huizhou, condizione necessaria affinché il salario potesse rimanere inalterato. Secondo la commissione del lavoro chiamata a decidere sul caso, Foxconn ha presentato un contratto valido che attesta l’impiego del lavoratore presso l’impianto di Huizhou e non di Shenzhe. Non solo: al momento dell’infortunio, il 26enne Zhang risultava come dipendente della struttura di Huizhou, trasferito temporaneamente a Shenzhen per motivi legati alla formazione professionale.
Un successo giudiziario che, tuttavia, non sembra dare credito ai presunti miglioramenti nelle condizioni di lavoro vantati dai vertici di Foxconn, soprattutto dopo la trasmissione di un reportage condotto da un giornalista francese, il quale rileva gli stessi problemi che hanno portato al centro delle cronache internazionali le linee di assemblaggio del nuovo iPhone.
Cristina Sciannamblo