Roberta Metsola, Charles Michel e Ursula Von der Leyen, ossia le massime cariche europee, hanno pubblicamente espresso una ferma condanna dei fatti in Ucraina, paventando la massima unità di intenti nel giudicare l’operato di Vladimir Putin:
La Conferenza dei presidenti ha condannato l’attacco russo all’Ucraina con la massima fermezza. L’Ucraina è una nazione indipendente e sovrana e la sua integrità territoriale non è negoziabile. L’invasione è ingiustificata e illegale. È una minaccia alla stabilità europea e regionale, così come all’ordine mondiale basato sulle norme del diritto internazionale. L’attacco prende di mira il nostro modello di società democratica. Non può rimanere senza risposta.
Ma soprattutto, l’Europa (in parallelo alla Nato e gli Stati Uniti), è pronta a portare avanti forti sanzioni nei confronti della Russia:
Rimaniamo fermi nella nostra unità, nella nostra determinazione e nella nostra risposta all’ingiustificata aggressione russa. Il Parlamento europeo sostiene una risposta europea e internazionale senza precedenti, comprese nuove e severe sanzioni per garantire che il Cremlino sia ritenuto responsabile delle sue azioni.
“Severe“, “drammatiche“, “fortissime“, “senza precedenti“: con parole di questo tipo viene paventata la dimensione delle possibili misure economiche contro la Russia, ma al momento non è chiaro cosa andrà ad accadere. Il pericolo, infatti, è che alcune delle misure possano rivelarsi un boomerang e di fatto l’Occidente sta mettendo in conto un grave prezzo da pagare per frenare l’avanzata russa ordinata da Putin. Ecco perché le scelte potrebbero essere calibrate e mirate, tenendo l’ambito energetico come extrema ratio.
Le possibili sanzioni
Ursula Von der Leyen ha espressamente indicato nella tecnologia uno dei primi ambiti che la comunità internazionale intende sfruttare per punire la Russia. Non è chiaro in che modo si possa agire su questa leva, ma le ipotesi delle ultime settimane indicano nello stop alle esportazioni di “tecnologia avanzata” verso la Russia un modo per far capire agli oligarchi che il loro business possa presto fermarsi. L’assenza di microchip fermerebbe l’innovazione e le capacità produttive, stringendo lentamente il cappio attorno alle potenzialità economiche delle imprese del comparto. Non la ricerca di un impatto immediato, insomma, ma una vera coercizione economica che possa fare terra bruciata attorno a Putin per isolarlo rispetto ai più influenti imprenditori dell’area sovietica. La sensazione è infatti che il nuovo zar stia agendo in sostanziale indipendenza, lontano dai desiderata dei sui consiglieri, e che le leve principali per poterlo fermare siano una compressione economica tale da annichilire la già precaria economia russa.
Altra mossa che ci si attende è l’esclusione della Russia dal circuito dei pagamenti SWIFT: pur se non determinante, questa mossa andrebbe a stroncare molte opportunità operative da parte delle banche locali e creerebbe seri problemi all’economia. La Russia potrebbe appoggiarsi al parallelo circuito cinese (la Cina si sta tenendo al momento in posizione relativamente neutrale, condannando gli attacchi pur senza preannunciare ritorsioni) e sfruttare il proprio MIR, ma pagherebbe comunque dazio da questo tipo di restrizione.
Il rublo è crollato e così il listino della Borsa di Mosca. Le misure, minacciate a più riprese e ora formalmente preannunciate, vedranno il mondo occidentale compatto contro quanto sta accadendo in queste ore nei pressi di Kiev. L’impatto sarà globale, ma su alcuni mercati sarà particolarmente incisivo. La tecnologia, secondo quanto spiegato in queste ore, ne pagherà dazio in modo particolare e capiremo soltanto nei prossimi giorni quali saranno nello specifico gli strumenti utilizzati a tal fine.