Meno di un secondo e mezzo per trovare una corrispondenza su milioni di foto grazie all’azione combinata di più algoritmi: Il S.A.R.I., per esteso Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini, è il nuovo sistema in dotazione alla Polizia di Stato per la lotta all’attività criminale, in grado di risalire all’identità di un individuo mediante l’analisi del volto.
Polizia, S.A.R.I. in azione
La tecnologia, stando a quanto riportato sulla pagina ufficiale Facebook dell’autorità, è già pienamente operativa sul territorio e nei giorni scorsi ha permesso di fermare l’azione di due ladri attivi nelle province di Brescia e Verona. Il post è accompagnato da una clip che ne illustra in modo sommario le modalità di funzionamento: una videocamera di sorveglianza inquadra due malviventi in azione nei pressi di uno sportello bancomat, dal flusso viene estratto un frame in cui compare il viso e l’immagine è confrontata con quelle presenti in un archivio, restituendo un responso quasi immediato.
Sono stati incastrati dal S.A.R.I. (Sistema automatico di riconoscimento immagini) il software in uso alla #Poliziascientifica, i due ladri di appartamenti arrestati dalla squadra mobile di Brescia.
In background operano ovviamente algoritmi di riconoscimento facciale che prendono in esame i tratti somatici del soggetto portando così all’identificazione di chi si macchia di un reato. Insomma, qualcosa di molto simile a ciò che siamo abituati a vedere nei film e nei telefilm polizieschi. Il futuro dipinto dagli episodi di CSI sembra un po’ meno lontano.
Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini
Del S.A.R.I. si parla da un paio d’anni circa, fin dalla comparsa sul sito della Polizia di Stato del documento relativo alla gara per lo sviluppo e la fornitura della tecnologia. Nello stesso si legge che l’ammontare complessivo del bando è stato fissato in 1.220.000 di euro.
E il database?
Lo strumento è balzato agli onori delle cronache nel fine settimana, proprio grazie al ruolo svolto nel contesto dell’indagine che ha portato all’arresto dei due malviventi domiciliati nel veronese. Ne hanno dato notizia tutti i principali TG nostrani, ponendo l’accento su alcuni dettagli che meritano approfondimento. Come fa notare Stefano Quintarelli, se davvero il database del S.A.R.I. è popolato da 16 milioni di record, significa che oltre un quarto dei nostri connazionali ne sarebbe incluso.
Ho capito bene ?
al TG1 hanno detto che hanno identificato un sospetto di furto confrontando l'immagine presa da una telecamera con un database di foto di 16 MILIONI DI PERSONE ??
1 italiano su 3 è schedato, escludendo i bambini !
Quando abbiamo deciso una tale schedatura ?
— Stefano Quintarelli (@quinta) September 7, 2018
Per cercare una risposta al quesito è possibile far riferimento al comunicato pubblicato in seguito all’operazione, in cui si cita la banca dati A.F.I.S. come archivio in cui vengono individuate le corrispondenze.
Il S.A.R.I. consente di effettuare ricerche nella banca dati A.F.I.S. attraverso l’inserimento di un’immagine fotografica di un soggetto ignoto che, elaborata da due algoritmi di riconoscimento facciale, fornisce un elenco di immagini ordinato secondo un grado di similarità. Nell’ipotesi di match, per avere valenza dibattimentale, è comunque necessaria una comparazione fisionomica effettuata da personale specializzato della Polizia Scientifica.
Si tratta dell’Automated Fingerprint Identification System (o Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte) che raccoglie le impronte digitali, le fotografie, i dati anagrafici e le informazioni biometriche dei soggetti sottoposti a rilievi, come si legge sempre sul sito della Polizia di Stato. In un altro documento scovato nell’archivio dell’autorità e relativo a una bozza di contratto per la fornitura della tecnologia si legge come il sistema “S.A.R.I. Enterprise” basi il proprio funzionamento su “banche dati di grandi dimensioni (dell’ordine di 10 milioni di immagini)”.
La risposta potrebbe però essere un’altra, da cercare al di fuori dei confini nazionali: va infatti considerata la prevista integrazione a livello continentale tra le informazioni contenute nell’A.F.I.S. e quelle di EURODAC (European Dactyloscopy System), database nato nel decennio scorso con lo scopo di raccogliere le impronte digitali dei richiedenti asilo e di coloro che effettuano irregolarmente l’ingresso nel territorio dell’Unione Europea, oggi adottato da 28 stati membri oltre che da Islanda, Norvegia, Liechtenstein e Svizzera.
Nel gennaio di quest’anno il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno approvato un ampliamento dell’archivio al fine di includere anche le fotografie dei soggetti e le informazioni relative ai documenti di riconoscimento. In mancanza di dettagli più precisi possiamo dunque supporre che la ricerca di S.A.R.I. venga condotta anche su questi dati e che quei 10 o 16 milioni di record siano da considerare a livello europeo e non esclusivamente italiano. Così fosse, l’azione degli algoritmi andrebbe a concentrarsi in modo prevalente su un database che raccoglie i richiedenti asilo e gli irregolari. Una dinamica da considerare nella valutazione dell’efficacia dello strumento stesso.
Aggiornamenti successivi:
Interrogazione parlamentare
I dubbi circa i numeri e la natura dei dati elaborati dal S.A.R.I. hanno attirato l’attenzione dell’on. Federico D’Incà: in data 19/9 la sua interrogazione parlamentare è stata depositata nei confronti del Ministero dell’Interno ed ora attende risposta.