Roma – Gentilissima e informatissima redazione di Punto Informatico, vi scrivo per rendervi partecipi di un fatto molto molto brutto che mi è capitato stamattina, e che vorrei condividere con voi, e con i vostri lettori, di cui faccio parte giornalmente. Stamattina alle 6 e mezza sono stato svegliato dalla Polizia postale di Milano, che con un mandato di perquisizione mi è entrata in casa per darmi il buongiorno.
Hanno voluto dare un occhio a tutta la casa, box, cantina, macchine e computer inclusi: infine hanno sequestrato il mio portatile personale, che è conditio sine qua non per svolgere il mio lavoro, senza darmi la possibilità di avere alcun backup di alcuni dati contenuti sul notebook (neppure se fatto da loro), e senza potermi dire quando mi verrà riconsegnato (“… 5-6 mesi, se le va bene!”).
Reati contestati: scaricamento e condivisione di UN FILE, UNA VOLTA (a inizio gennaio), di contenuto pedopornografico, tramite il software di p2p emule, su rete fastweb, secondo la legge 600 ter comma 3, la famosa legge contro la pedo pornografia online.
Ora, è vero, lo ammetto: io scarico abitualmente musica, film, programmi, per lavoro principalmente, ma anche per diletto a volte. E a volte questi contenuti sono protetti dal diritto d’autore. File che erano ovviamente presenti sul mio computer (la musica che ascolto in ufficio, i film che vediamo insieme ogni tanto a casa di qualche amico per passarci una serata in allegria, i programmi che utilizzo per lavoro). Il normale contenuto di un qualunque PC di un operatore del settore, credo.
E sì, senza falsi moralismi o professarmi santo, è capitato che abbia scaricato come detto contenuti protetti da copyright, il più delle volte per motivi riconducibili al lavoro, e cmq quando posso acquisto sempre il software, la musica, e i film che utilizzo abitualmente. La sfilza di materiale originale di ogni tipo che hanno trovato in casa mia, e l’assenza di un “CD masterizzato” di qualunque tipo, ne è la prova lampante, perfino i ragazzi della postale che sono entrati in casa mia sono rimasti stupiti (“… ma non hai altro, è tutto qui? Nessun CD masterizzato? Incredibile, davvero, sei il primo”).
La questione però è questa: io non ho sicuramente scaricato contenuto pedopornografico, non sono un pedofilo e ho ben altro da fare nell’arco di una giornata che sollazzarmi con contenuti illegali, ma pensando e ragionando sulla cosa, UNA VOLTA, UN FILE (che è quello che mi contestano, poi) non lo so, può anche essere capitato, sinceramente ho perso il conto dei fake di filmati scaricati, 1 volta su 5 il film/programma/canzone che scarichi NON è quello che volevi che fosse. Voglio dire: è questione di pura statistica. A quanti di noi è capitato sulle reti di p2p di trovare il fake di turno nascosto dietro il nome di un filmato, un programma o una canzone assolutamente normale? File che ovviamente, come nel mio caso, è poi stato prontamente cancellato, in quanto privo di interesse, non era semplicemente quello che cercavamo?
Certo, intanto che lo scarichi lo stai condividendo (che è ciò che mi contestano: la condivisione, secondo l’articolo 600 ter III comma), ma con un programma come eMule (che è citato nella stessa denuncia), è IMPOSSIBILE non farlo. Non hai scelta, non c’è nessuna volontarietà nell’atto, e non hai nessun modo per evitarlo.
Per fortuna i tre signori che hanno eseguito la perquisizione sono stati molto comprensivi e hanno capito la situazione: vedendo che sul PC non avevo nulla di nulla (non solo di pedo, ma neanche di pornografico del tutto! Preferisco Spike Lee e Kubrick a Rocco Siffredi, per dirla tutta), che non avevo nessuna foto, nessun CD masterizzato, nulla di nulla, hanno firmato di aver perquisito tutta la casa, la cantina, il box, e tutto il resto, e poi ci siamo presi un caffé e mi hanno spiegato la situazione, cercando di sdrammatizzare. Dopo tutto sono semplici esecutori: la colpa non è loro, ma di chi sta dietro la Polizia postale, chi decide come, quando, dove e perché devono essere svolte le indagini. E le metodologie con cui vengono svolte.
Ho cercato di collaborare pienamente, fornendo il mio PC come richiesto, e dando tutte le mie password d’accesso come richiesto (alcune delle quali, essendo password personali, permettevano di accedere a contenuti e sistemi non di mia proprietà, come il database aziendale di alcuni dei miei clienti, con tutte le ovvie conseguenze che potete immaginare, in termini di perdita di tempo e di credibilità, per dover spiegare a tutte le persone con cui ho rapporti professionali le motivazioni del richiesto cambio di password).
Ma parliamo delle indagini: vengo accusato di essere un pedofilo per aver scaricato e condiviso, una (1) volta, un (1) file con contenuto pedopornografico. Ora, se io fossi un pedofilo, e avessi un cervello, non credo che scaricherei _UN_ file, una volta, per poi cancellarlo subito dopo. Voglio dire, un pedofilo scarica UN FILE, UNA VOLTA e poi lo cancella senza salvarlo da nessuna parte e senza farne alcun backup o foto? Mi pare per lo meno stupido, come pedofilo. E questa prova di _UN FILE_, _UNA VOLTA_, non condiviso attivamente né nulla, basta a farti avere un mandato per entrare la mattina in casa di una persona, perquisirgli TUTTO (casa, macchina, ufficio, box, cantina, qualunque cosa vogliano), e sequestrargli TUTTO il materiale informatico fino a data da destinarsi e accusarlo di pedofilia?
I miei problemi ora?
A) Il portatile: se n’è andato, e se ne starà via 5-6 mesi (se va bene!), senza che io abbia ALCUNA POSSIBILITÀ di riaverlo o anche solo di avere una COPIA, fatta da loro, dei dati contenuti.
Dovrò comprarne un’altro, per ovvi motivi, e dovrò gestire la mancanza dei contenuti che avevo su quel computer, con fortissime ripercussioni sul mio lavoro.
B) Spese legali: il reato contestato è penale, e non credo che gli avvocati siano gratis, come non credo che mi rimborseranno i soldi una volta che sarà stato provato che il fatto non sussiste. Anzi, è proprio certo.
È questa la Giustizia? Sono questi i “diritti” del privato cittadino?
Ora mi chiedo: o chi firma i mandati non ha nessuna cognizione tecnica di merito per capire come funziona il p2p (e per capire quali garanzie ha l’utente che il file “Luttazzi – Promo.avi” che stia scaricando sia quello, o qualunque altra cosa che i deficienti/burloni del p2p si divertono a rinominare), o la cosa è fatta volutamente per sparare nel mucchio e spaventarne 1000, colpendone uno, come purtroppo è costume nel nostro paese.
Lettera firmata
Caro (omissis)
la tua non è la prima testimonianza del genere che arriva a Punto Informatico ma è un ulteriore caso che sottolinea l’assoluta urgenza di informazione e alfabetizzazione informatica e tecnica presso la magistratura italiana.
Se la PolPost dimostra in questi casi una forte professionalità, sono i magistrati che ordinano certe operazioni a doversi far carico di conoscere nei dettagli, anche quelli più tecnici ed ostici, ciò su cui si trovano ad indagare. Questo perché anche solo le indagini, se mal indirizzate, possono provocare danni incalcolabili alla vita di ciascuno.
Alle spalle dei magistrati, però, ci sono leggi, come quella sul pedoporno approvata sul finire della scorsa legislatura, che sembrano proprio studiate per dar adito a questo genere di operazioni, paradossali nel loro compiersi e gravissime nelle loro conseguenze.
Pubblichiamo la tua testimonianza nella speranza che serva a tutti per comprendere quale sia oggi lo stato del Diritto in questo paese e per mobilitarsi subito perché siano approvate norme e procedure (neppure il backup!!) di garanzia e tutela del cittadino.
Tienici informati, un caro saluto,
Paolo De Andreis