Se la sono cavata in appello i cinque studenti universitari britannici, accusati di terrorismo per aver scaricato e conservato nel proprio hard disk materiale jihadista proveniente da siti islamici di propaganda filoestremista. Lo scorso anno, nel processo di primo grado ai giovani erano state inflitte sentenze da 2 a 3 anni di carcere.
Al centro della contesa una discussa legge britannica del 2000 in materia di terrorismo , che fino ad oggi era sempre stata interpretata in modo tale da equiparare il possesso di materiale estremista (anche acquisito per via telematica) con una effettiva volontà di delinquere . Per i cinque sarebbero tuttavia mancate le prove dell’intenzione di passare in futuro dalle parole ai fatti.
Una tesi sostenuta dagli avvocati difensori ed accolta dal tribunale, come confermato dall’avvocato di Usman Malik, uno degli accusati: “La decisione di oggi ribadisce che nessuno studente potrà essere mai più perseguito per il semplice possesso di un certo tipo di scritti”. Lo stesso Malik aveva dichiarato agli inquirenti e ai media di non aver mai avuto alcuna intenzione di saltare la barricata e divenire un terrorista a tutti gli effetti.
L’indagine era scattata quando uno degli accusati, Irfan Raja, era fuggito di casa lasciando un biglietto in cui spiegava le sue intenzioni di andare all’estero per prendere parte alla jihad. Il ragazzo aveva fatto ritorno all’ovile dopo pochi giorni, quando però i genitori avevano già allertato le forze di polizia.
Successive indagini su Irfan e sui suoi conoscenti in rete avevano portato alla luce scritti estremisti, scaricati da noti siti propagandistici inneggianti la lotta islamica armata, per i quali lo stesso Irfan e i suoi amici di penna virtuali sembravano nutrire una vera e propria “ossessione”.
La recente sentenza, che ha rimandato a casa Malik, Raja e gli altri tre accusati Awaab Iqbal, Aitzaz Zafar, e Akbar Butt, ridimensiona le possibili applicazioni del Terrorist Act britannico: Lord Carlile, esponente politico che si sta occupando della riforma della legge per conto del governo, si dice soddisfatto della decisione del giudice poiché “opera una distinzione” tra la reale intenzione di commettere un crimine e il semplice interesse per certe letture.
“È stata una decisione corretta” ha spiegato Carlile alla BBC , “nessuno dovrebbe essere imprigionato solo per qualche idea, semplici fantasie o desideri”. La pubblica accusa si è comunque riservata la possibilità di ricorrere contro la sentenza: secondo le norme britanniche ci sono sette giorni di tempo per farlo.
Luca Annunziata