Roma – La decapitazione dei costi di ricarica, la cui fine è stata sentenziata dal decreto Bersani , avrà luogo a procedere entro i prossimi giorni, dal 4 marzo 2007. E sull’onda della celeberrima petizione che ne ha avviato il processo di abolizione, sorgono nuove iniziative che stavolta hanno come bersaglio lo scatto alla risposta.
Petizione, che passione, dunque. Già, perché sembra siano più di una le iniziative a carattere popolare di cui è stato annunciato il varo negli ultimi giorni e che, all’insegna della convergenza (in questo caso di obiettivi) sono finalizzate a raccogliere il consenso di utenti e consumatori per raggiungere il medesimo scopo: favorire, una volta per tutte, l’abolizione definitiva dello scatto alla risposta.
La prima petizione ripercorre le orme lasciate dallo studente ischitano Andrea D’Ambra, oggi presidente dell’associazione di tutela dei consumatori Generazione Attiva . Anche in questo caso l’iniziativa vede come primo firmatario, un cittadino: si tratta di Stefano di Marco , che il 14 febbraio 2007 ha varato un’apposita petizione online , indirizzata a due destinatari: il Dipartimento Concorrenza, Mercato e Consumatori della Commissione Europea e l’ Antitrust . Questo il testo della petizione:
“Il costo di scatto alla risposta è assolutamente “Italiano”, ovunque in Europa si paga ciò che si consuma secondo l’effettivo tempo di conversazione e senza il costo fisso dello scatto alla risposta che viene addebitato al chiamante all’inizio della chiamata, indipendentemente dalla durata della stessa.
I firmatari della petizione richiedono l’abolizione di questi costi fissi che gravano su ogni chiamata”.
L’iniziativa, come detto sopra, non corre sola: in Rete giungono notizie secondo cui in Calabria sarebbe partita un’iniziativa analoga, patrocinata dal Codacons , mirata all’abolizione di quel “balzello” “che non può più essere fatto passare come un contributo necessario alla realizzazione della rete mobile”.
Anche il portale tecnologico AK1style ha varato una propria petizione online , motivata dal fatto che “basta essere in movimento, anche pedonale, per vedere cadere molto spesso la comunicazione; negli spostamenti in automobile terminare normalmente una conversazione risulta, di fatto, impossibile nella quasi totalità dei casi. In tutte queste situazioni si rende quindi necessaria la ricomposizione del numero dell’interlocutore causando il pagamento di un ulteriore scatto alla risposta malgrado non vi sia stata, da parte degli utenti, la volontà di terminare la conversazione in corso”.
Il mondo della telefonia sta quindi assistendo ad una sorta di insurrezione popolare contro lo scatto alla risposta, caratterizzata da una pluralità di iniziative che rischia, però, di parcellizzarne la raccolta di consenso.
Il piccolo – ma significativo – balzello, a onor del vero, è unanimemente ritenuto dall’utenza “fastidioso”, ancorché non presente in tutti i piani tariffari. Non raramente, infatti, nel pricing di alcune offerte di telefonia si tratta di un’alternativa tariffaria: un piano con scatto alla risposta può avere un costo al minuto invitante, ed essere posto in alternativa ad un’opzione priva di scatto alla risposta, con una tariffa al minuto di importo superiore. In molti casi, quindi, sta all’utente optare per il piano tariffario che più gli conviene, in funzione del traffico che genera e sul quale vanno fatte opportune valutazioni (basate statisticamente sulla media delle proprie telefonate nell’arco di un periodo di tempo, per numero, durata in minuti, destinazione).
D.B.