Non è uno scambio equo quello a cui si rassegnano i cittadini degli stati che disseminano telecamere a circuito chiuso ad ogni angolo di strada in cambio di una maggiore sicurezza, di una riduzione del crimine. Checché ne dicano stato e mercato, le cam non sono efficaci: a soppesare rischi e opportunità della sorveglianza massiva è il guru della sicurezza Bruce Schneier.
Non servono a catturare i criminali, non servono a scoraggiarli e a dissuaderli dal delinquere: l’invadenza delle telecamere a circuito chiuso che punteggiano mezzo mondo non è giustificata dalla loro reale efficacia . Nonostante le forze dell’ordine ne tessano le lodi , le cam di sicurezza sono pressoché inutili: Schneier snocciola report ufficiali e ammissioni di colpa delle autorità, stima che se le cam fossero efficaci, il Regno Unito, sorvegliato da oltre 4 milioni di cam con 500 milioni di sterline di investimenti statali dovrebbe essere il paese più sicuro del mondo. Così non è.
L’inefficienza delle cam non è dovuta a tecnicaglie : i sistemi di sorveglianza si affinano sempre più, l’ intelligenza artificiale vi si instilla per riconoscere i comportamenti sospetti. Ma i criminali sanno come comportarsi, sanno come muoversi e come sfuggire agli occhiuti sistemi di sicurezza: senza ricorrere ad abbaglianti LED , bastano cappellini e occhiali per rendere complessa l’identificazione, basta camminare radente ai muri e studiare dei percorsi per non essere intercettati.
L’inefficienza delle cam, spiega inoltre Schneier, è aggravata dal potenziale di abusi che i sistemi di videosorveglianza recano con sé. La noia deve attanagliare gli operatori addetti al controllo dei monitor: si lasciano distrarre da tacchi ticchettanti, da affascinanti sospette in gonnella, dalla vita di strada. È così che impugnano le leggi antiterrorismo per seguire “individui di sesso femminile” e monitorarli mentre si avvicinano a “veicoli target”, per insinuarsi indebitamente nella vita privata delle persone, per riciclare le immagini raccolte in show da gustare in poltrona.
Ma non sono degenerazioni e paradossi ad impensierire Schneier: l’effetto della sorveglianza pervasiva è ben più subdolo. Instillano negli ordinari cittadini la sensazione di essere monitorati continuamente: le rivendicazioni del diritto ad una vita privata sono erose dall’abitudine, le nuove generazioni rischiano di nascere rassegnate a vivere in un panopticon, irrigidite e private di quella spontaneità che permette loro di essere individui liberi.
Gaia Bottà
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