Lindon (USA) – Un nuovo colpo di scena nel caso SCO/IBM è destinato a sollevare un vespaio senza precedenti fra la comunità di utilizzatori e sviluppatori di Linux. SCO, che ha già dimostrato di aver ben poca pudicizia nel reclamare diritti sul codice del Pinguino, ha ora proclamato al mondo l’intenzione di varare, quanto prima, nuove licenze di UnixWare (la propria implementazione di Unix System V) confezionate su misura per le aziende che utilizzano Linux: in cambio, SCO offre a queste ultime l'”immunità”, ovvero la garanzia di non essere citate in giudizio per violazione del copyright di Unix.
SCO, che ha anche annunciato la registrazione, presso l’U.S. Copyright Office, dei copyright di Unix System V, sembra dunque decisa a rastrellare dollari dagli utilizzatori di Linux prima ancora che il tribunale emetta una sentenza che legittimi o smentisca le accuse scagliate contro IBM e, seppur indirettamente, contro tutta la comunità di sviluppo del kernel di Linux.
Se l’acquisto di una licenza di Unix per l’utilizzo di Linux farà rizzare i capelli in testa a tutti i sostenitori del Pinguino e, più in generale, del movimento Free Software, ancor più clamorosa deve suonare a molti la pretesa, da parte di SCO, di chiudere il codice sorgente di Linux.
Come si legge nel comunicato di SCO, le licenze concesse da quest’ultima garantiranno infatti unicamente “l’uso run-time dei binari di Linux per tutti gli utenti commerciali che utilizzano una qualsiasi versione di Linux basata sul kernel 2.4 o successivo”. Questo significa che SCO ha intenzione di scavalcare la licenza GNU GPL con cui oggi viene distribuito Linux e sigillare l’accesso al codice sorgente del sistema operativo free; e come si può notare, SCO non restringe questo vincolo alle sole porzioni di codice di cui reclama la proprietà, ma parla genericamente di “kernel 2.4 e successivi”.
A partire dall’inizio di questa settimana, SCO sostiene di aver iniziato a contattare le aziende che usano Linux per offrir loro una licenza di UnixWare. Il prezzo delle licenze verrà comunicato da SCO durante le prossime settimane.
“Fin dall’anno 2001 i clienti commerciali di Linux hanno acquistato e ricevuto software che include software illecitamente copiato da Unix e di proprietà di SCO”, ha affermato Chris Sontag, senior vice president e general manager di SCOsource, la divisione di SCO che si occupa di gestire e proteggere le proprietà intellettuali dell’azienda. “Dato che utilizzare software piratato rappresenta una violazione di copyright, la nostra prima scelta nell’aiutare i clienti di Linux è quella di fornir loro un’opzione che non scombussoli la loro infrastruttura IT. Noi intendiamo offrire a queste aziende una via d’uscita che permetta loro di far girare Linux nella piena legalità”.
SCO ha ribadito come “migliaia di file basati su codice illecitamente copiato dal codice sorgente di Unix e da codice derivato da Unix hanno contribuito alla crescita di Linux in varie aree, fra cui le tecnologie di multi-processing”.
“Con oltre 2,4 milioni di server Linux al mondo su cui gira il nostro software, un numero che aumenta ogni giorno di qualche migliaio, – ha detto Darl McBride, president e CEO di SCO – ci aspettiamo che SCO venga compensata delle perdite subite attraverso le licenze vendute a quelle aziende che desiderano mettersi in regola”. Già, ma quante saranno?