Lindon (USA) – Dalle minacce , SCO Group è passata ai fatti e, con una mossa clamorosa, ha annunciato l’immediata revoca della licenza di Unix System V a IBM. In soldoni, questo significa che Big Blue non possiede più il diritto di usare o distribuire il proprio sistema operativo AIX e qualsiasi altro software basato sul codice di Unix System V.
“Abbiamo ritirato a IBM la licenza che le consentiva di utilizzare sviluppare, distribuire e vendere AIX”, ha spiegato Chris Sontag, general manager di SCOsource, la divisione che SCO ha creato lo scorso anno con l’obiettivo di massimizzare i guadagni derivanti dalle proprietà intellettuali relative a Unix .
SCO ha sottolineato che la revoca dei diritti di IBM su Unix significa che tutti i clienti aziendali di quest’ultima che utilizzano AIX non dispongono più di una licenza valida per l’uso del software. “La revoca – ha scritto SCO in un comunicato – si applica anche alle copie esistenti di AIX che si trovano installate presso tutti i clienti di IBM. Queste devono essere tutte distrutte”.
Fra i clienti di IBM che adottano AIX vi sono nomi del calibro di Lawrence Livermore National Laboratory, Colgate-Palmolive e National Weather Service. Lo scorso anno i proventi di Big Blue derivati dalla vendita di server Unix sono ammontati a 3,6 miliardi di dollari.
Nella giornata di ieri SCO ha anche presentato una richiesta aggiuntiva alla causa in corso con IBM dove chiede al tribunale un’ingiunzione permanente che costringa quest’ultima a “cessare e desistere dall’uso e dalla distribuzione di AIX e la obblighi a distruggere o rimandare indietro tutte le copie del codice sorgente di Unix System V”. In questo emendamento SCO ha inoltre chiesto una nuova somma a titolo di risarcimento danni, pari a due miliardi di dollari, che va ad aggiungersi al miliardo già reclamato in precedenza.
SCO aveva minacciato di revocare a IBM la licenza per l’uso e la vendita di Unix il 6 marzo scorso, dando all’avversaria 100 giorni di tempo per “correggere certe gravi azioni che violano i nostri accordi”. Come noto, nello steso mese SCO aveva citato in giudizio Big Blue accusandola di aver copiato tecnologie e codice di Unix in Linux. SCO, in particolare, sostiene che queste azioni, oltre a costituire una violazione della propria licenza, hanno finito per danneggiare l’intero mercato Unix e, per tale ragione, costituiscono una forma di concorrenza sleale.
“I Software and Sublicensing Agreements e i relativi accordi che SCO ha con IBM includono chiare disposizioni relative alla protezione del codice sorgente, dei lavori derivativi e dei metodi”, ha affermato Mark J. Heise, Boies Schiller & Flexner, lo studio legale che segue SCO. “Attraverso il riversamento del codice sorgente di AIX in Linux e l’uso dei metodi di Unix per accelerare e migliorare Linux come sistema operativo free, con la conseguente distruzione di Unix, IBM ha chiaramente dimostrato di aver utilizzato il codice di Unix per usi illeciti e ha violato i termini del suo contratto con SCO”.
IBM ha risposto all’azione di SCO con un comunicato firmato da Trink Guarino, direttore delle pubbliche relazioni, in cui conferma le posizioni del passato e bolla le azioni di SCO come “un tentativo di creare timore, incertezza e dubbio fra i clienti di IBM e la comunità open source”.
“La licenza Unix di IBM – ha scritto Guarino – è irrevocabile, permanente e completamente acquisita. Non può essere revocata. Questa questione verrà eventualmente risolta nel corso del normale processo legale”.
“IBM continuerà a vendere, supportare e sviluppare AIX, un prodotto che rappresenta anni di innovazione firmata IBM, centinaia di milioni di dollari di investimenti e molti brevetti. Come sempre, IBM sosterrà i propri prodotti e i propri clienti”.
Come si è detto in precedenza, SCO ha triplicato la somma pretesa da IBM a titolo di risarcimento danni portandola a 3 miliardi di dollari. In particolare, SCO chiede a Big Blue un miliardo di danni per la violazione dei propri termini di licenza; un altro miliardo per l’infrazione del contratto Unix firmato da Sequent (una società che IBM acquisì nel 1999); e un altro miliardo per concorrenza sleale. SCO si è poi riservata la possibilità di chiedere ulteriori risarcimenti per l’appropriazione indebita di segreti industriali e per altri eventuali danni che le azioni di IBM avessero inflitto al suo business.
Sebbene, come si è detto in passato, SCO abbia per il momento lasciato da parte ogni accusa relativa alla violazione, da parte di IBM, del copyright su Unix, l’azienda ha tuttavia ribadito, nei nuovi documenti presentati alla corte, di essere la sola e unica proprietaria dei copyright relativi a Unix System V. Novell, che inizialmente aveva smentito con durezza questa affermazione, ha poi dovuto ammettere che, in base ad un emendamento al contratto originale stipulato con SCO, quest’ultima “sembra” effettivamente possedere le proprietà intellettuali – ma non i brevetti – di Unix.
Alcuni avvocati sostengono che il motivo per cui SCO non abbia ancora fatto leva sui propri copyright va ricercato nel fatto che questi non sono ancora stati registrati presso il Copyright Office. Sontag ha tuttavia smentito questa ipotesi affermando che la registrazione non inficia la possibilità, da parte di SCO, di difendere i propri copyright in tribunale.
Gli avvocati di SCO, capeggiati da David Boies , uno dei più celebri legali d’America, hanno tirato in ballo anche il papà di Linux, Linus Torvalds, accusandolo di non essere riuscito, in tutti questi anni, a controllare l’origine del codice che veniva incluso nel kernel del Pinguino.
“Come i dirigenti di IBM ben sanno, uno dei più grossi difetti di Linux è l’incapacità e/o la cattiva volontà del suo process manager, Linus Torvalds, di identificare l’origine della proprietà intellettuale dei contributi che, sotto forma di codice sorgente, sono confluiti in Linux da svariati sviluppatori”. All’interno del documento, i legali di SCO precisano che “se il codice sorgente è stato copiato dal codice protetto di Unix, Linus Torvalds non ha nessuna possibilità di identificarne la provenienza”.
“Come risultato – continuano gli avvocati – una parte davvero significativa del codice protetto di Unix si trova al momento nelle release 2.4.x e 2.5.x di Linux in violazione dei diritti contrattuali e dei copyright di SCO”.
Come affermato in altre occasioni, SCO sostiene che IBM ha contribuito allo sviluppo di Linux in aree chiave quali la non-uniform memory architecture (NUMA), il symmetric multiprocessing (SMP) e il journaling file system, tecnologie che, secondo Sontag, sono di chiara e dimostrabile derivazione Unix. Oltre a queste, SCO ora cita fra le tecnologie copiate da Unix anche la Remote Copy Update ( RCU ), un sistema che, secondo l’azienda, IBM avrebbe copiato da un’implementazione introdotta nel 1994 nel sistema operativo Unix-based di Sequent, Dynix/ptx, e poi rilasciato in seguito sotto la licenza GPL. RCU è entrato a far parte del kernel di Linux nell’ottobre dello scorso anno.
Ma le accuse di SCO non si fermano qui. Nel “regalare” le tecnologie per il multiprocessing o la crittografia alla comunità open source, rendendole di conseguenza “liberamente disponibili a chiunque nel mondo”, IBM avrebbe violato non solo la licenza di Unix, ma anche le leggi americane che vietano l’esportazione di tali tecnologie a paesi quali la Libia, Cuba, l’Iran, la Corea del Nord e la Siria.
Nei documenti presentati alla corte, SCO insiste nel sottolineare come, prima dell’arrivo di IBM, Linux fosse un sistema operativo “del tutto inadeguato ad entrare sul mercato enterprise”.
In una recente intervista , lo stesso CEO di SCO, Darl McBride, ha affermato che “se negli ultimi due anni Linux è diventato un sistema operativo di classe enterprise questo è da imputarsi in larga parte alla grande quantità di contributi provenienti dai vendor che si sono buttati su Linux”. Contributi che, secondo McBride, si basano nella maggioranza dei casi su codice copiato da Unix.
McBride cita ad esempio il fatto che, prima dell’anno 2000, Linux era in grado di gestire solo sistemi a due o quattro processori: “in circa un paio d’anni, Linux è stato in grado di gestire server fino a 64 processori”. Il boss di SCO è dunque convinto che Linux non avrebbe mai potuto evolvere così in fretta senza l’aiuto di aziende che, come IBM, avevano accesso alle tecnologie, all’architettura e al codice sorgente di Unix.
Curiosamente – o forse bisognerebbe dire paradossalmente – il sito Web di SCO gira proprio su Linux, lo stesso sistema operativo di cui l’azienda ha sospeso la distribuzione . Questo è quanto si ottiene dal Webserver Search di Netcraft : The site www.sco.com is running Apache/1.3.14 (Unix) mod_ssl/2.7.1 OpenSSL/0.9.6 PHP/4.3.2-RC on Linux .
Blake Stowell, director of corporate communications di SCO, ha affermato che “il sito girava già su Linux prima della causa con IBM” e che “stiamo muovendo il sito verso Unix, ma questo richiede tempo”.
Nonostante i reclami di SCO e la causa in corso con IBM. lo sviluppo del kernel di Linux prosegue senza sosta. Proprio negli scorsi giorni sono state rilasciate due nuove release, la 2.4.21 e la 2.5.72: la prima riveste particolare importanza perché introduce nel ramo di sviluppo stabile del kernel il supporto ai processori Opteron di AMD. Questi aggiornamenti arrivano nel periodo in cui Torvalds, lo scorso anno, aveva pronosticato il rilascio del kernel 2.6.
Interrogato sul perché, a suo modo di vedere, il pubblico ha mostrato così tanta “animosità” nei confronti delle azioni legali intraprese da SCO, McBride ha affermato che la ragione è da ricercare nel fatto che “Linux piace a tutti perchè offre parte delle caratteristiche di UnixWare a costo nullo”.
“È la stessa ragione – ha detto il boss di SCO – per cui tutti adorano Napster: attraverso di esso è possibile procurarsi CD gratuitamente”.
McBride ribadisce che il suo obiettivo non è quello di affossare Linux, ma di proteggere le proprietà intellettuali della sua azienda.
“Non capisco come mai alla gente questo non piaccia. Credo che nessuno resterebbe impassibile se qualcuno tentasse di portargli via ciò che gli appartiene”.
McBride si è detto stupito anche della reazione di Novell, un’azienda da cui SCO ha acquisito le proprietà intellettuali e il codice di Unix System V fra il 1995 e il 1996. Il diregente afferma che la posizione di Novell, che si è schierata a favore della comunità Linux, può essere giustificata “con qualche tipo di accordo stipulato con IBM”.
“Del resto – ha detto McBride – la nostra è una battaglia fra Davide e Golia, dunque non mi stupisce il fatto che, mettendoci contro un colosso come IBM, ci siamo fatti terra bruciata intorno a noi. Credo che nel breve periodo questo polverone si diraderà, tuttavia penso anche che in futuro gli utenti valuteranno con più attenzione le proprie scelte ora che sono venuti a conoscenza di certi problemi”.
Rimane tuttavia difficile credere che il vespaio sollevato da SCO sia destinato a placarsi tanto presto visto che, su stessa ammissione di Sontag, SCO starebbe valutando la possibilità di citare in giudizio altre aziende oltre a IBM.
“Il fatto che ci siano altre aziende che stanno violando il nostro contratto significa che ci potrebbero essere altre cause”, ha recentemente affermato Sontag.
In particolare, il dirigente di SCOsource ha svelato che la propria azienda avrebbe già identificato almeno un altro “grosso” produttore di hardware repsonsabile di aver copiato del codice di Unix in Linux. Per il momento non è facile indovinare l’identità di questo nuovo e potenziale bersaglio di SCO: Sontag si è limitato a dire che non si tratta di Sun. Fra i nomi avanzati dagli analisti c’è HP, Fujitsu e NEC, ma tutte e tre hanno negato con forza ogni possibile coinvolgimento nel caso SCO-Linux.
Sun non ha perso tempo. Lo stesso giorno in cui SCO ha revocato la licenza di Unix a IBM, la mamma di Java ha annunciato l’imminente lancio di una campagna di marketing che avrà il compito di pubblicizzare l'”AIX to Solaris Migration Program”, un’iniziativa con cui Sun offrirà ai clienti di AIX un percorso di migrazione verso il proprio sistema operativo Unix, Solaris.
Sun, che pubblicizzerà il suo nuovo programma su alcuni dei più importanti quotidiani americani, fra cui il Wall Street Journal, afferma di voler far sapere a tutte quelle aziende che sono preoccupate per le sorti di AIX che possono passare a Solaris con “pochi grattacapi e ridotti investimenti”.
“Attenzione utenti di AIX: Sun è qui per aiutarvi”, recita il messaggio pubblicitario di Sun. “Sfortunatamente, i nostri amici in Blue hanno dei problemi con i contratti di licenza che potrebbero rendere le cose davvero costose per chiunque utilizzi AIX”.
Sun e IBM sono due rivali di vecchia data sul mercato dei server Unix.
Con il suo nuovo programma, Sun offre ai clienti di IBM interessati a migrare da AIX una stima gratuita dei costi e dei tempi necessari per compiere l’operazione e, in collaborazione con diversi system integrator indipendenti, propone loro soluzioni ad hoc per rendere il passaggio a Solaris quanto più veloce e indolore.
Larry Singer, vice president del Global Information Office di Sun, afferma che l’intenzione di Sun non è quella di mettere ancora più ansia agli utenti di AIX ma di ricordare loro che la piattaforma Unix Solaris “è solida come una roccia” e pienamente in regola con le licenze e le proprietà intellettuali di SCO.
Singer ha tuttavia ammesso che la migrazione da AIX e Solaris non è sempre rapida e indolore: tutto dipende dalle applicazioni usate. Se queste sono certificate per girare anche su Solaris o Java, il passaggio diventa, secondo il dirigente di Sun, “un gioco da ragazzi”, altrimenti potrebbe essere necessario “apportare modifiche più o meno profonde alle connessioni dati e alle interfacce”.