Sul suo computer erano state trovate più di 30mila canzoni, scaricate illegalmente a mezzo P2P. Anne Muir, infermiera scozzese di 58 anni, è stata ora condannata da una corte della città di Ayr, avendo violato i dettami legislativi introdotti nel lontano 1988 dal Copyright, Designs and Patents Act .
Tre anni con la condizionale . È questa la sentenza stabilita dal giudice scozzese, subito applaudita dai vertici della British Phonographic Industry (BPI). Le cartelle archiviate sul PC della donna avrebbero fruttato – ai legittimi detentori dei diritti – ricavi pari a circa 55mila sterline.
L’infermiera dovrà ripresentarsi in aula il prossimo 30 agosto, illustrando al giudice i risultati di un report medico su presunti disturbi della personalità. Muir avrebbe cioè come un’ossessione per l’accumulo massivo di oggetti , unica motivazione alla base dello scaricamento di quasi 25mila brani buoni per il karaoke.
I legali della donna hanno dunque contestato la decisione del giudice, sottolineando come i vertici di BPI abbiano preso di mira un soggetto vulnerabile, incapace di difendersi al meglio. I signori del copyright hanno invece parlato di una sentenza cruciale, trattandosi infatti del primo caso di condanna per file sharing in terra scozzese .
C’è chi non ha risparmiato le critiche più feroci : la pena inflitta alla donna sarebbe decisamente più pesante della semplice multa di mille sterline comminata a Londra all’avvocato Andrew Crossley , che aveva messo in piedi un vero e proprio schema estorsivo con la sua famigerata società ACS:Law .
Mauro Vecchio