A muoversi erano stati innanzitutto gli alti rappresentanti della British Phonographic Industry (BPI), seguiti a ruota dai vertici della International Federation of the Phonographic Industry (IFPI). Poco dopo, alcuni ufficiali di polizia – operativi nell’area di Strathclyde, in Scozia – avevano bussato alla porta di un’infermiera locale di quasi 60 anni.
Mandato di perquisizione alla mano, gli agenti avevano sequestrato il computer di Anne Muir – questo il nome della donna – trovandoci archiviate più di 30mila canzoni scaricate illegalmente a mezzo P2P . Cartelle di grande valore, secondo i rappresentanti dell’industria, che nel mercato musicale mainstream frutterebbero ai legittimi detentori dei diritti circa 55mila sterline . La pubblica ammenda di Anne Muir non avrebbe tardato.
L’infermiera scozzese è stata ora accusata da una corte di Ayr di aver violato la sezione 107(1)(e) del Copyright, Designs and Patents Act del 1988. Un clamoroso errore, almeno secondo i difensori della donna: l’articolo tirato in ballo dall’accusa sarebbe valido esclusivamente per le violazioni del diritto d’autore legato ad oggetti fisici . La sezione giusta sarebbe la 107(2A)(b) , introdotta nel 2003 proprio per casi di file sharing e P2P.
La differenza è in effetti sostanziale, soprattutto per quanto concerne le possibili sanzioni a carico della donna. Con la 107(1)(e) Anne Muir rischierebbe fino a 10 anni di carcere, mentre l’articolo 107(2A)(b) prevede un periodo non superiore ai 2 anni . I legali dell’infermiera hanno però tirato in ballo una ulteriore problematica, legata alle attuali sue attuali condizioni di salute.
Anne Muir soffrirebbe infatti di forti attacchi depressivi, oltre che di una serie di disturbi della personalità. La donna avrebbe cioè come un’ossessione per l’accumulo massivo di oggetti , che avrebbe notevolmente influito sullo scaricamento di quasi 25mila brani buoni per il karaoke. Stando all’accusa – e ai vertici di IFPI e BPI – la donna avrebbe semplicemente rubato a mezzo P2P.
Mauro Vecchio