Scaricare fa bene all’industria culturale e dell’entertainment, chi attinge ai sistemi di file sharing è poi maggiormente ben disposto a investire denaro nei contenuti “assaggiati” in formato digitale grazie a quello che oggi le major definiscono “pirateria telematica”. A ulteriore riprova di questa stretta correlazione tra download a sbafo e aumento di consumi , arriva ora una nuova ricerca condotta su un gruppo selezionati di utenti della piattaforma Vuze (ex-Azureus).
Frank Magid Associates , la società di indagini che ha condotto lo studio , ha intervistato 693 cittadini statunitensi utenti di una delle più utilizzate piattaforme di condivisione su network BitTorrent, confrontandone le risposte con un campione di 609 utenti di rete che nulla avevano a che fare con il P2P. In entrambi i casi si trattava di persone comprese nella fascia di età 18-44, e manco a dirlo il risultato dell’indagine è stato che chi scarica non fa mai “in meno” ma sempre “in più” di chi non scarica quando si tratta di mettere mano al portafogli e acquistare originali, biglietti per il cinema e altro.
Al cinema, secondo FMA, un utente Vuze ci va di media 8 volte all’anno contro le 6 volte del comune utente di Internet, e la differenza è la stessa nel caso dei film presi in affitto, 9 contro 7 in un anno. I condivisori hanno a disposizione la più vasta libreria possibile di audiovisivi da cui pescare gratuitamente tutto quello che potrebbero volere, ma “sorprendentemente” a questa scelta rispondono con un maggiore impiego di risorse economiche per supportare i tradizionali processi economici del business degli audiovisivi , come dimostrato anche dal fatto che i p2ppari acquistano 16 DVD all’anno contro i 13 dei consumatori ordinari.
Commentando il risultato della ricerca di FMA, il CEO di Vuze Gilles BianRosa ha detto senza mezzi termini che gli utenti di file sharing sono “i migliori clienti di Hollywood, e questa è evidentemente una cosa di cui Hollywood non è molto consapevole”. Dall’indagine emerge poi che i downloader non spendono granché dei propri soldi nell’acquisto di contenuti digitali online, ma stante la predisposizione a spendere per quelli offline “il problema può non essere la pirateria”, dice ancora BianRosa.
A imperituro svantaggio dei piazzisti di audiovisivi telematici giocano secondo il CEO di Vuze le restrizioni DRM, molto meno invasive e limitanti sui dischi DVD che altrove. I sistemi DRM non servono, concede BianRosa, e questo le major discografiche lo hanno già capito eliminando le tecnologie anti-copia e anti-utente dai maggiori store online come Amazon e iTunes di Apple. Manca però una opportuna sperimentazione nel caso dell’offerta cinematografica , dice ancora il dirigente dell’azienda di P2P.
Alfonso Maruccia