Se il post striscia fra i banchi

Se il post striscia fra i banchi

Le comunicazioni che gli studenti affidano alla rete si insinuano nelle classi, sobillano compagni, possono avere lo stesso effetto delle sortite pronunciate entro le mura scolastiche. E sono altrettanto punibili
Le comunicazioni che gli studenti affidano alla rete si insinuano nelle classi, sobillano compagni, possono avere lo stesso effetto delle sortite pronunciate entro le mura scolastiche. E sono altrettanto punibili

Era fuori di sé Avery Doninger, studentessa del Connecticut, quando ha dato sfogo all’intemperanza sul proprio blog: ha denunciato l’arroganza e la prepotenza dei docenti, ha dichiarato di essere esacerbata dalle proibizioni e dalla burocrazia dell’istituto scolastico che frequentava. Lo ha sottolineato dando fondo ad un lessico ritenuto troppo triviale, ed è stata condannata ad abbandonare tutte le cariche che ricopriva all’interno dell’istituto. Ma ha conquistato la simpatia di un senatore, che intende ora tracciare una linea di confine tra quel che avviene online e quel che avviene in un’aula scolastica.

Doninger aveva infuso tutta la propria passione nell’organizzare la festa scolastica che le autorità dell’istituto continuavano a rimandare. Per questo motivo si era mobilitata, per questo motivo aggiornava i propri compagni attraverso il blog che gestiva su LiveJournal. Si era abbandonata a denunce nei confronti di docenti, aveva spiegato che l’organizzazione era ferma per colpa degli idioti che albergano in direzione. La festa si era poi svolta per il meglio, ma Doninger, che aspirava ad essere riconfermata rappresentante degli studenti, è stata invitata dalla scuola a ritirare la propria candidatura.

Le autorità della scuola avevano individuato casualmente il blog della giovane: intollerabile, a loro parere, che la ragazza avesse pubblicato un libello formato post che avrebbe “probabilmente creato il rischio di innescare consistenti disordini”. La ragazza, insieme alla madre, ha sporto denuncia: la scuola, punendo la ragazza per essersi liberamente espressa a mezzo post, avrebbe violato il Primo Emendamento della costituzione degli Stati Uniti. La corte ha dato ragione agli insegnanti: la ragazza è stata incauta nel pubblicare dei contenuti che, seppure composti al di fuori della scuola e in un orario extrascolatsico, avrebbero “probabilmente attirato l’attenzione delle autorità scolastiche”. Ma la giovane non si è rassegnata, risoluta nel voler difendere i diritti degli studenti che esprimono il proprio dissenso in rete .

Nell’ iter processuale nulla è cambiato per la ragazza: le autorità scolastiche non possono essere condannate per aver adottato una linea di condotta che la legge non definisce con chiarezza . “Se la corte e gli esperti di giurisprudenza non sanno distinguere i contorni del Primo Emendamento per quanto attiene la libertà di espressione su Internet degli studenti – ha spiegato la corte – allo stesso modo non è ragionevole che le autorità scolastiche in questa nuova era digitale riescano a tracciare un confine tra ciò che ricade dentro e fuori dal campus”. “I discorsi tenuti fuori dal campus – ha spiegato il giudice – possono diventare discorsi tenuti dentro al campus con il click di un mouse”. Internet non è prevista dalla legge, il quadro normativo non prevede una netta linea di demarcazione tra ciò che avviene online e ciò che avviene all’interno delle mura scolastiche: le sortite online degli studenti, nonostante siano formulate davanti ad un computer e dentro ad una cameretta, riescono a filtrare nelle aule scolastiche con il passaparola, riescono ad insinuarsi nelle classi sobillando studenti pur in maniera asincrona.

Doninger ha promesso di ricorrere in appello. Ma prima di una eventuale sentenza della corte alla quale verrà sottoposto il caso, potrebbe intervenire un ex-insegnante, attualmente rappresentante nel senato del Connecticut: ha promesso di proporre una legge che stabilisca con chiarezza che “il contenuto della corrispondenza elettronica scambiata al di fuori della scuola e senza l’ausilio dell’infrastruttura scolastica” non possa far scattare una punizione.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
2 feb 2009
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