La pirateria è inarrestabile, la sete di cultura e di intrattenimento che anima i cittadini della rete è incontrollabile: non basta la minaccia delle disconnessioni, non basta promettere rallentamenti e filtri. I netizen si adegueranno, cambieranno gli strumenti ma non perderanno le proprie abitudini. Parola di provider, parola del CEO dell’ISP britannico Carphone Warehouse.
La dichiarazioni di Charles Dunstone, ai vertici del fornitore di connettività britannico, sono strettamente correlate alle anticipazioni trapelate nei giorni scorsi riguardo al report Digital Britain , documento emesso dal governo che traccerà le linee guida per il futuro dell’industria dei contenuti del Regno. Se pare accantonata l’idea di educare i cittadini della rete a suon di avvertimenti e disconnessioni, il ministro della Cultura Andy Burnham ha annunciato che verranno messi in campo dei dissuasori di tipo diverso: i dossi artificiali verranno installati dai provider, filtri e rallentamenti alle connessioni conterranno inevitabilmente le abitudini dei cittadini della rete che indugiano con il P2P e si intrattengono nello sharing di contenuti protetti dal diritto d’autore.
Dunstone non si mostra concorde con le prospettive delle autorità del Regno: “se si prova a ridimensionare la banda degli utenti, se si prova a mettere in campo un regime di disconnessioni per contenere il peer to peer – ha prospettato – le persone semplicemente nasconderanno il loro traffico o condivideranno i contenuti in una altra maniera”. Che filtri e rastrellamenti di indirizzi IP siano misure inefficaci è provato dal fatto che i cittadini della rete si siano già mobilitati. In seguito all’approvazione della legge svedese IPRED che permetterebbe all’industria dei contenuti di racimolare indirizzi IP presso i circuiti dello sharing per imbracciarli come prova delle violazioni, dopo la successiva contrazione del traffico presso netizen spaventati, The Pirate Bay ha reagito proponendo un servizio di VPN che consenta di sfuggire al monitoraggio. Lo stesso è avvenuto in Francia: IPODAH permette ai netizen di agire indisturbati mascherando le proprie attività per schivare il controllo. Ma le alternative nelle mani dei netizen sono innumerevoli : l’ abitudine alla condivisione potrebbe giustificare lo sforzo di impugnare nuovi strumenti per operare in rete.
“È un gioco alla Tom e Jerry e il topo non verrà mai acchiappato – ha confermato il CEO di Carphone Warehouse – Il topo vince sempre in questa battaglia e c’è bisogno che non si chiacchieri di politici che meditano di mettere in campo delle leggi che, alla fine, potrebbero risultare poco sensate”. I ripensamenti delle autorità del Regno Unito sembrano esemplificare appieno questo operare poco avveduto, fatto di tonitruanti annunci di repressioni che non sanno reprimere: le autorità britanniche avevano tentato la mediazione fra industria dei contenuti e provider, le prime missive di avvertimento avevano raggiunto i cittadini colti a violare il diritto d’autore, ma l’accordo sulle disconnessioni è stato impossibile . E così, con il report Digital Britain, si sta tentando di gettare nuove basi per la trattativa fra le due parti. Ma in ogni caso, ricorda Dunstone, “l’idea che tutto sia P2P e che in qualche modo gli ISP lo possano arginare è davvero ingenua”.
Certo è che il ruolo di intermediario giocato dai provider è estremamente delicato , costretti a destreggiarsi fra le istanze dei cittadini della rete, le istanze dei produttori di contenuti e le direttive imposte dalle autorità. Dunstone propone dunque che ciascuno si dedichi alle attività per cui è preparato e se ne assuma le responsabilità: i provider forniscano connettività, l’industria dei contenuti sforni prodotti e modelli di business, i cittadini consumino cultura, informazione e intrattenimento. In questo senso il CEO dell’ISP si allinea a quanto suggerito da analisti e attenti osservatori della fenomenologia della rete: “a fare la differenza sarà l’educazione dei cittadini e sarà la capacità di permettere loro di ottenere contenuti facilmente e in maniera economica”.
Gaia Bottà