Un’allarmata missiva , indirizzata all’attenzione di Vivek Shah, CEO del gruppo editoriale statunitense Ziff Davis . Ad inviarla, il gotha dell’industria musicale a stelle e strisce, rappresentato da associazioni del calibro di Recording Industry Association of America (RIAA) e Songwriters Guild of America , persino la Church Music Publishers Association e la Gospel Music Association .
Alla base del “profondo disappunto” dell’industria del disco, due articoli pubblicati dalla testata online PC Mag , il primo a firma Chloe Albanesius ed intitolato LimeWire è morto: quali le alternative? . Un breve viaggio tra le principali soluzioni alternative al noto client P2P, recentemente costretto alla fine dei download da un’ordinanza emanata da una corte di New York. Albanesius – in data 27 ottobre 2010 – aveva tirato in ballo servizi come quelli forniti da RapidShare e Vuze .
Un avviso aveva però troneggiato in cima all’articolo: PC Mag non avrebbe mai giustificato la condivisione illecita di contenuti protetti dal copyright. Una dichiarazione che pare non aver minimamente soddisfatto i rappresentanti dell’industria musicale, che hanno descritto l’articolo in questione come una sorta di guida al file sharing selvaggio, per permettere agli utenti di continuare imperterriti a condividere brani illegalmente .
E l’articolo di Albanesius non è stato l’unico ad aver scatenato le ire di RIAA e soci. Al centro delle accuse è finito anche un secondo contenuto , firmato da Sarah Jacobsson Purewall e intitolato LimeWire è tranquillamente risorto: È tornaaato! . Un articolo in sostanza dedicato al ritorno del popolare client, risorto dalle ceneri in una Pirate Edition priva di pubblicità e spyware. Purewall – in data 9 novembre 2010 – si sarebbe macchiata di una colpa ancora più grande.
Sempre secondo i vari firmatari della lettera a Shah, l’articolista avrebbe osato linkare alla versione pirata di LimeWire , addirittura ironizzando sugli eventuali scopi di ricerca e studio da parte dei downloader . C’è però un piccolo dettaglio che pare sfuggito a RIAA e compagnia: l’articolo sulla resurrezione di LimeWire è apparso sulla testata PC World , che nulla ha a che vedere con il CEO di Ziff Davis .
“Siamo spiacenti per il vostro disappunto – ha risposto Shah ai firmatari della lettera – ma vi preghiamo di capire che il lavoro di PC Mag consiste nel coprire ogni aspetto della tecnologia, che include prodotti, servizi e attività soggette a differenti opinioni. Abbiamo parlato delle alternative a LimeWire perché convinti che fossero interessanti per i nostri lettori. Non incoraggiamo il download illegale dei contenuti, ma nemmeno possiamo fermarlo. Non smetteremo di parlarne semplicemente perché poi gli utenti sfruttano queste stesse alternative per condividere contenuti in maniera illecita”.
Come dire: parlare di una tecnologia a disposizione degli utenti non significa incoraggiare una determinata attività illecita. Come sottolineato nella stessa lettera di Shah, la redazione di PC Mag non avrebbe alcuna intenzione di promuovere la violazione del copyright da parte dei lettori. Obiettivo primario resterebbe quello di tenerli aggiornati su ciò che accade nel mondo della tecnologia e dell’IT.
Mauro Vecchio