“Timeline” non è un termine generico: è stato registrato nel 2009 da Timelines.com, che offre un servizio di cronistorie da costruire basandosi sul web, e Facebook non è stato in grado di dimostrare che il termine può essere usato liberamente da tutti, e da Facebook stessa per identificare la sua nuova interfaccia.
Timelines.com aveva denunciato Facebook nel 2011, dopo l’annuncio del restyling che ha trasformato le pagine del social network. L’azienda riteneva che la timeline di Facebook potesse creare confusione e rischiasse di dirottare il traffico dei propri utenti verso le pagine in blu, attentando alla crescita del servizio di cronistorie che offre. Il giudice che aveva preso in esame il caso aveva negato a Timelines l’ingiunzione preventiva per l’interfaccia di Facebook, Facebook, la stessa azienda che rivendica come proprio il suffisso “book”, aveva controdenunciato Timelines invocando la genericità del termine “timeline”, ritenuto una parola descrittiva e usata comunemente.
Il giudice di Chicago John W. Darrah, non convinto dalle argomentazioni di Facebook, ha ora stabilito che in quanto Timelines ha investito milioni di dollari nella propria attività e conta più di un migliaio di utenti attivi “non è irragionevole concludere che per un certo gruppo di utenti il termine timeline(s) abbia acquisito un significato particolare”.
Il confronto in tribunale è fissato per il prossimo 22 aprile. Timelines chiede a Facebook una compensazione pari ai guadagni ottenuti con l’advertising a partire dall’introduzione della nuova interfaccia denominata Timeline . (G.B.)