Anonymous attacca il sito dell’On. Binetti . E Miss Padania . E pure il sito di un parlamentare UDC . No, contrordine: non è stato Anonymous, e lo dice Anonymous. Quello vero. Ma chi è Anonymous?
Bella domanda. Forse bisognerebbe spiegare o ricordare a tutti da dove viene Anonymous: nasce su 4chan , in particolare su /b/ , e altro non è che la rappresentazione dell’utente che posta su quella bacheca senza inserire uno pseudonimo. Se non sei te stesso, sei anonymous: anonymous è chiunque, anonymous sono io, sei tu, anonymous è nessuno. Anonymous è un’intelligenza collettiva, anarchica, in perenne mutamento, senza capi, con i singoli che entrano e escono come e quando gli pare, con chiamate alle armi fortunate che si trasformano in azioni eclatanti, e altre che muoiono da sole vittime della loro scarsa popolarità senza che il grande pubblico ne sappia nulla.
Gli esordi del “movimento” Anonymous sono dunque su 4chan , e poi sbarcano nel resto della Rete quando inizia la fantastica storia di Anonymous contro Scientology (parliamo del 2008): ne abbiamo parlato a lungo su queste pagine, tra manifestazioni davanti alle sedi della confessione delle star e dimostrazioni simboliche online. Il tutto è finito (anche) a carte bollate . Poi la cosa si è andata un po’ sgonfiando, e per un po’ di Anonymous si è sentito parlare meno. Ma chi resta con le mani in mano, dopo aver scoperto che si può attirare l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica su un tema che gli sta a cuore, semplicemente imbastendo un po’ di caos in Rete? Nessuno.
E venne il momento di Wikileaks, dei cablo diplomatici , di Assange e della stretta ai fondi al sito delle soffiate. E allora Anonymous riprese linfa e vitalità: operazione su operazioni ( #op le chiamano), assalti a Visa , Mastercard , Paypal . Il cannone a ioni degli anonimi ( LOIC ) mieteva vittime, prima solo tra chi era direttamente coinvolto nella faccenda Wikileaks, poi allargando il cerchio ad aziende e istituzioni ritenute non in linea con le aspirazioni di volta in volta ecologiste, antiguerrafondaie, anticapitaliste di chi in quel momento si metteva la maschera di Guy Fawkes e utilizzava il vessillo di Anonymous per rivendicare le proprie azioni .
La scelta di Guy Fawkes come feticcio, riprendendo a piene mani l’iconografia di V per Vendetta (pane quotidiano per chi si ritrova nelle idee movimento, manifesto del movimento anarchico soprattuto nella versione graphic novel più che in quella hollywoodiana), non è un caso: nel fumetto e nel film c’è un collettivo fatto da persone di ogni sesso, razza, religione, convinzione politica, che si ritrova unita nella causa comune di rovesciare l’ordine costituito per riportare il potere in mano al popolo. E Anonymous punta a questo: usare la Rete come strumento in mano alla collettività per riportare un po’ del potere in mano a pochi nelle mani dei più (se state pensando alla faccenda dell’1 per cento contro il 99 del movimento #occupy , state pensando bene).
Ma non finisce qui, eh: Antisec , LulzSec , la guerra ai Narcos messicani , il movimento #occupy , la primavera araba, la Grecia, ci sono decine di esempi di vicende che hanno attirato l’attenzione degli Anonymous. Gli hacktivisti , il termine coniato per descrivere la nuova forma di protesta che si svolge a cavallo tra dentro e fuori la Rete, sono una comunità variegata: Anonymous è un nome collettivo, dunque all’interno di un movimento magmatico e informe si muovono personaggi di ogni tipo. Ci sono quelli che vogliono combattere il signoraggio bancario, ci sono quelli che vogliono affermare l’importanza di una riforma del diritto d’autore, ci sono coloro che sostengono a spada tratta la libertà di espressione e di informazione. Ciascuno porta avanti la propria “crociata”, a volte raccogliendo il plauso di tutto il collettivo, altre volte entrando addirittura in contrasto con altre fazioni e finendo per farsi la guerra tra Anonymous . Un’autentica democratizzazione polverizzata della protesta, bellissima e praticamente illeggibile.
Anonymous è tutto questo. Non ha un capo, un comitato direttivo, un portavoce, una linea politica, una linea editoriale, una linea di comando . Anonymous è una scatola vuota: chiunque può metterci dentro quello che vuole, ciascuno può affermare di essere un Anonymous. Certo, dentro (o dietro) Anonymous ci sono hacker molto in gamba, forse i migliori in circolazione: ma ci sono anche un sacco di script kiddies , neofiti che vengono teleguidati da chi è più esperto di loro o da semplici guide trovate online, che stanno lì per fare numero. E, tutto sommato, la linea che distingue un hack da un crack, una dimostrazione dal teppismo, si sta facendo sempre più sottile: in un epoca in cui ogni giorno vengono lanciati decine di attacchi verso i bersagli più disparati, tenere traccia e garantire l’identificazione delle proteste più significative diventa complicato. Gli Anonymous hanno una dote non comune che è innegabile: sono abilissimi a gestire le relazioni coi mezzi di informazione, sfruttandoli per fare da cassa di risonanza per le loro azioni.
La scena finale di V per Vendetta (solo un link, Youtube non permette l’embed, chissà perché), versione fratelli Wachowski, è il perfetto prototipo di quanto si sta qui sostenendo. “Chi era lui?” chiede l’ispettore. E Natalie Portman gli risponde: “Era Edmond Dantès. Ed era mio padre. E mia madre. Mio fratello. Un mio amico. Era lei. Ero io. Era tutti noi”. Anonymous è chiunque, Anonymous sono io, sei tu, Anonymous è nessuno .
Sostenere che gli attivisti italiani smentiscano che a violare il sito dell’On. Binetti sia stato Anonymous è una sciocchezza. Occorre mettersi in testa che non sarà più possibile identificare un colpevole , un mandante per un’azione dimostrativa: Internet è anche questo, che piaccia o no. Ci sarà un esecutore materiale, forse, ma è davvero l’intelligenza collettiva ad essere madre e padre assieme di queste iniziative. Qualunque ricostruzione giornalistica che citi “fonti interne al movimento” è destinata a fallire, a essere smentita dai fatti: uno solo o cento, tutti possono essere Anonymous. Se è stato un singolo personaggio a compiere i gesti di oggi, ha tutto il diritto di firmarsi Anonymous: che agli altri hacktivisti piaccia oppure no, nessuno può smentire o confutare che un’azione come quella di oggi sia davvero o meno un’azione di Anonymous. We are Anonymous .
Luca Annunziata